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Triangle of Sadness di Ruben Ostlund (2022)

  • Writer: Planet Claire
    Planet Claire
  • Jun 3
  • 4 min read

Updated: Jun 3

Triangle of Sadness del regista svedese Ruben Östlund è una commedia drammatica che ha vinto la Palme d’Or al Festival de Cannes nel 2022. Si può rivedere, per esempio, su MUBI, la piattaforma di streaming cinematografico dedicata principalmente al cinema d’autore.


Satira lucida, ferocemente comica e, alla fine, profondamente inquietante, smantella il mondo della moda, della ricchezza, del potere e della sopravvivenza. 

Il film è girato in Grecia e in Svezia. La spiaggia del naufragio è Chiliadou, sull’isola di Eubœa, nell’Egeo settentrionale. Le scene sullo yacht sono state girate sull’opulento 'Christina O.', storico yacht del miliardario Aristotle Onassis.


“Triangle of sadness” è un termine che nel linguaggio della chirurgia plastica, ma anche del mondo dei modelli; si riferisce alla zona tra le sopracciglia, dove si formano rughe d’espressione legate alla preoccupazione o allo stress. Nel film diventa metafora dellossessione per l’apparenza e del vuoto identitario di chi lavora come modello nel mondo della moda, nonché delle classi privilegiate. La definizione diventa un titolo bellissimo per questo film e ne racchiude tutto il senso critico e ironico.


Strutturato in tre atti o capitoli, il film ruota attorno ai temi del capitalismo e del capovolgimento sociale, ciascun capitolo più assurdo e penetrante del precedente. I personaggi sono ritratti come archetipi, ma Östlund lascia loro abilmente abbastanza spazio in modo da non ridurli a semplici simboli.


Avevo incontrato il regista a Torino al Museo Nazionale del Cinema, nel settembre 2024 per la inaugurazione della installazione artistica The Square.  Östlund mi ha detto che per i suoi film trae ispirazione casuale e continua da ciò che sente per strada, in giro, sui mezzi pubblici, e mi ha invitato a fare lo stesso: osservare, ascoltare, trarre ispirazione dalle persone -anche sconosciute- intorno a noi.


Il film si apre con una scena satirica spassosa e azzeccata: un casting di modelli maschili, e viene girato un documentario. I bei ragazzi sono mostrati in numeroso gruppo mentre sfilano, si mettono in posa, sorridono in modo forzato. Una domanda ovvia viene posta dall'intervistatore a un giovane modello bellissimo: “Quanto è importante essere belli nel tuo mestiere?” Ridicolizzazione della ovvietà di tante interviste. Quindi un cenno più interessante: “Come vi sentite, voi modelli maschi, sapendo di essere pagati molto meno del vostro equivalente femminile?" I modelli sono quindi guidati a assumere espressioni e atteggiamenti per i diversi fashion brand, a seconda del target di clientela: Balenciaga è volto serio, esclusività, sentirsi superiori, non sorridere; H&M è divertimento, sentirsi uguali e inclusi, accessibilità, sorridete! I modelli -a comando- passano da un’espressione snob a una di fasulla allegria per le differenti pubblicità. La scena mette a nudo l’assurdità della moda e di come i brand vendano emozioni prefabbricate. Il tutto è girato appunto come un documentario, in tono neutro, così accentuando l’effetto grottesco.


Carl, (l'attore, regista e sceneggiatore londinese Harris Dickinson), è uno dei modelli al centro della storia. La sua bellezza giovanile è al tempo stesso un vantaggio e una condanna. È insicuro, si sente svilito da un sistema che apparentemente lo celebra. La sua relazione con Yaya, (l'attrice e modella sudafricana Charlbi Dean), è fredda, contrattuale, fondata più sulle apparenze che su un reale affetto. Yaya, anche lei modella e influencer, naviga con maggiore disinvoltura l’economia dell’immagine, usando il proprio corpo e i social come moneta.

Il Capitano Thomas Smith, (l'ottimo attore americano Woody Harrelson), è un comandante americano ubriacone e marxista. Dall’alto del suo yacht di lusso, spara citazioni ideologiche ubriache attraverso l’interfono, mentre i passeggeri vomitano per una tempesta durante una cena di gala. Scene surreale e buñueliane.

Il suo antagonista dialettico è Dimitry, un oligarca russo (Zlatko Burić), che lo sfida con cinismo capitalista. Il loro duello verbale -Marx contro il mercato libero- è comico e grottesco. Satira della vacuità dei dogmi quando sono svincolati dalla realtà. Vera, la moglie di Dimitry, è l’emblema della superficialità ricca, convinta che il denaro possa risolvere tutto, anche la nausea.

Tra i passeggeri, Therese, semi-paralizzata da un ictus: non può più parlare e riesce soltanto a dire "in den Wolken", (trad. “nelle nuvole”), frase (fastidiosa). Jarmo, sviluppatore di app, cerca disperatamente connessione umana.


Un ribaltamento radicale avviene dopo il naufragio. I sopravvissuti si ritrovano su un’isola e il potere cambia mani. Abigail, ex addetta alle pulizie dello yacht (l'attrice filippina Dolly de Leon), si rivela l’unica capace di accendere un fuoco, pescare, procurare cibo. Da invisibile serva diventa regina. Spinge Carl a una relazione sessuale con lei in cambio di cibo, sovvertendo i ruoli e i rapporti di forza. È l’inversione più potente del film: chi era ai margini detiene ora tutto il potere.


Il finale è ambiguo. Yaya e Abigail camminano sull’isola e scoprono una spiaggia appartata e una via d’uscita: un lussuoso ascensore che conduce dalla spiaggia a un resort. Yaya, tutto sommato generosa, pensando alla imminente salvezza, offre a Abigail un lavoro come sua assistente personale. Abigail alle sue spalle prende in mano un grosso sasso. Il film si chiude sul suo volto con un'espressione sospesa: la ex-addetta alle pulizie tornerà al vecchio ordine sociale in cui era un'invisibile, nei ranghi più bassi della scala sociale oppure ucciderà la ragazza per mantenere il nuovo potere acquisito sull’isola dei naufraghi sopravvissuti? Intanto Carl comincia a correre nella foresta, cercando Yaya: ha intuito il pericolo. Non sappiamo come finisce, (io ho la mia idea precisa in merito), e la tensione ci accompagna oltre i titoli di coda.


In proposito, Östlund mi ha detto che il film, dopo che lo ha fatto, è di chi lo guarda, libero di trarne ciò che il film gli/le dice.


La musica extradiegetica è usata con intelligenza e ironia. I brani classici e orchestrali sottolineano il lusso fittizio della barca da crociera, creando un contrasto surreale con il disgusto e la decadenza. Nei momenti più assurdi o violenti, Östlund spesso sceglie il silenzio, lasciando che l’imbarazzo e il caos parlino da soli. Quando la musica torna, serve ad amplificare il senso di farsa e di tragedia.


Triangle of Sadness è uno specchio impietoso del nostro tempo. Mostra l'essenza tragica del privilegio e il bisogno estremo che abbiamo di sopravvivenza. Östlund racconta il disagio come forma d’arte e dice quanto siamo disposti a scendere a compromessi pur di non perdere il nostro piccolo posto nel mondo.


Il regista Ruben Östlund, al centro della foto, con il suo cast in una posa divertita a Cannes
Il regista Ruben Östlund, al centro della foto, con il suo cast in una posa divertita a Cannes

istanti prima del tragico sovvertimento dei ruoli sociali
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Charlbi Dean e Harris Dickinson, molto bravi
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