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28° Film Festival CinemAmbiente (5-10 giugno 2025), Torino: il regista Asif Kapadia presenta 2073

  • Writer: Planet Claire
    Planet Claire
  • Jun 18
  • 5 min read

Ospite -d’onore, direi- del benemerito 28° Film Festival CinemAmbiente (5-10 giugno 2025, Torino), è Asif Kapadia, regista britannico che presenta, nella serata di chiusura del Festival, il suo 2073.

Il lungometraggio aveva debuttato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione Fuori Concorso – Non Fiction nel settembre 2024.


«Trump è stato esplicito sul tema della vendetta»: dice Asif Kapadia mentre presenta al pubblico il suo nuovo film 2073, il cui tema centrale è la minaccia alla democrazia, tuttavia, il film è stato realizzato prima della seconda elezione di Donald Trump, il cui nuovo insediamento ha trascinato il mondo in orrori ancora più espliciti. Quindi, le vicende più recenti legate a Trump non sono presenti nel film. Colpisce constatare come, rispetto alla distopia narrata, la realtà che viviamo abbia assunto contorni ancora più cupi.


In conferenza stampa, chiedo a Kapadia come abbia scelto l’anno futuro che dà il titolo al suo film. Molti autori prima di lui — dal romanziere George Orwell con 1984, scritto nel 1948; a 2001: A Space Odyssey di Stanley Kubrick, realizzato nel 1968; fino a Blade Runner di Ridley Scott, realizzato nel 1982 e ambientato nel 2019, e tanti altri illustri esempi, hanno optato per una data non troppo lontana nel tempo, anzi, volutamente vicina, a suggerire un futuro incombente. Kapadia ha voluto adottare la stessa idea narrativa. E aggiunge che c’è poi anche un legame personale: il regista, nato a Londra nel 1972, sente una affinità con quell’anno, il 2073, che rappresenta idealmente quasi il centenario della sua nascita. È inoltre l’anno in cui i suoi figli avranno più o meno l’età che lui ha oggi: il film è un modo indiretto per chiedersi ‘che futuro lasceremo ai nostri figli’.  Infine, dice, "sono numeri che mi piacciono e spero portino fortuna al film".


2073 si presenta come un monito da un futuro devastato.

Il film è in parte ispirato al cortometraggio del 1962 La Jetée di Chris Marker, capolavoro del cinema sperimentale e uno dei più celebri cortometraggi di Fantascienza mai realizzati.


Samantha Morton, attrice già apprezzata nel fantascientifico Minority Report  di Steven Spielberg (2002), interpreta ‘Ghost’, una superstite che non riesce più a parlare, dal giorno della deportazione della sua amata nonna partigiana, vive in solitudine in una landa desolata, arrangiandosi alla giornata come può, in un futuro prossimo post-apocalittico. La parte narrativa è intrecciata con elementi documentaristici, che trattano la crisi climatica, l’ascesa dell’estrema Destra, il fascismo aziendale, la sorveglianza tecnologica con il graduale e insidioso annientamento delle nostre libertà, il genocidio e la minaccia incombente dell’intelligenza artificiale, con una riflessione latente su  come si sia arrivati a quel futuro distopico.  È un equilibrio difficile — tra elementi di attualità documentaristica e fiction. In ogni momento, il film pare urlare di terrore esistenziale; e certamente tenta di  spronare il pubblico alla consapevolezza critica e all’azione.


Asif Kapadia affronta grandi argomenti in questa veemente docu-fiction drammatica di soli 85 minuti, e il focus è dunque l’erosione globale della democrazia, tema dalla portata immensa e inesorabile.


I film precedenti di Kapadia, in particolare i suoi lavori su icone pop come Diego Maradona, la meravigliosa Amy Winehouse e Airton Senna, erano più accessibili.


2073 ha in comune con il dramma di Kapadia Far North (2007), l’esplorazione della condizione umana in condizioni estreme. In quel racconto artico, la tragica protagonista è Michelle Yeoh, che poi nel 2023 sarà la prima attrice di etnia asiatica a vincere l’Oscar come Miglior Attrice Protagonista per il film Everything Everywhere All at Once, dove interpreta Evelyn Wang, una donna cinese-americana che gestisce una lavanderia e si ritrova coinvolta in un’avventura multiversale.


2073 è una cupa rêverie futurista. La protagonista Ghost attiva e accende una torcia a manovella per cercare qualcosa di utile -e commestibile- tra detriti e rifiuti, quella torcia a manovella pare un emblematico modo di riflettere su come si sia arrivati a questo punto. 

Già, come?


Vediamo un collage di filmati d’archivio contemporanei che mostrano ben note catastrofi climatiche dal presente, affiancate da immagini inquietanti della polizia di tutto il mondo che reprime a manganellate e ogni sorta di altre violenze fisiche le proteste, e dalla galleria – tristemente familiare – di mediocri plutocrati: Modi, Xi, Trump, Putin, Orbán, insieme ai loro alleati magnati della tecnologia, come Bezos e Zuckerberg. È il complesso militare-industriale del potere, con miliardari allineati con nazionalisti autoritari e fascisti in posa, che continuano a diffondere la loro paranoia bellicosa mentre la Terra si surriscalda, gradualmente – e a volte neanche troppo gradualmente – fino a livelli insopportabili.


Kapadia cita tutto il tempo osservatori politici in voice-over, che accennano le loro analisi. La loro presenza si fa sentire, anche se penso potesse valer la pena di approfondire meglio. Le testimonianze sono tante: Maria Ressa, giornalista filippina vincitrice del Premio Nobel per la Pace nel 2021 per la sua difesa della libertà di stampa, offre una riflessione sul declino della democrazia e sulla repressione dei media. Rana Ayyub, giornalista investigativa indiana, nota per le sue inchieste sulle violazioni dei diritti umani e sulla corruzione politica, contribuisce con una testimonianza sulla situazione in India e sulle sfide affrontate dai giornalisti. Carole Cadwalladr, giornalista britannica di The Guardian, celebre per le sue inchieste sullo scandalo di Cambridge Analytica e sull'influenza dei dati personali nella politica, per il film, discute le implicazioni della manipolazione dei dati e della privacy. Anne Applebaum, storica e giornalista statunitense, vincitrice del Premio Pulitzer, offre un'analisi sulla crisi della democrazia e sull'ascesa del populismo autoritario. George Monbiot, giornalista e attivista ambientale britannico, noto per le sue critiche alle politiche ambientali e sociali, porta una riflessione sullo stato del pianeta e sulle sfide ecologiche. Silkie Carlo, direttrice di Big Brother Watch, organizzazione che monitora la sorveglianza statale, discute le implicazioni della tecnologia sulla privacy e sulle libertà civili.  Rahima Mahmut, attivista uigura e direttrice del World Uyghur Congress, per il film racconta le violazioni dei diritti umani nella regione dello Xinjiang e della repressione della cultura uigura ad opera del governo cinese di Xi Jinping.


2073 ha una cornice di horror fantascientifico, ma è più di tutto un grido di rabbia attualissimo, letteralmente del presente, contro le forze autoritarie che stanno devastando la nostra democrazia e il nostro ambiente (e contro l’ingenuità  e l'inerzia, a volte blandamente compiacente, che sta permettendo tutto questo).


Il regista londinese, che è stato generoso del suo tempo durante questa visita nella nostra città, ha detto che la parte horror di 2074 non è la parte fictional, ma la parte documentale che racconta la realtà di attualità.

Alla mia domanda se resti fiducioso, risponde che finché ci sarà dibattito critico, -cui il suo cinema intende fortemente contribuire-, e che corrisponde a una importantissima presa di consapevolezza e a un momento fondamentale di scambio umano, c’è speranza.


l'attrice inglese Samantha Morton, nel ruolo della sopravvissuta Ghost
l'attrice inglese Samantha Morton, nel ruolo della sopravvissuta Ghost
il regista anglo-indiano Asif Kapadia, nato a Londra nel 1972, al Film Festival CinemAmbiente di Torino
il regista anglo-indiano Asif Kapadia, nato a Londra nel 1972, al Film Festival CinemAmbiente di Torino

 
 
 

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