Film finlandese che si svolge nelle regioni lapponi, con un impatto sullo spettatore tendenzialmente incomprensibile.
Il regista gira un film horror esistenzialista dove molti si suicidano nei modi più cruenti, istantanei ed estremi; vari omicidi violenti sono commessi, mentre tutti tentano di aggrapparsi forzosamente a un po' di mal riuscito amore e ogni speranza è frustrata.
Il regista racconta di essersi ispirato ai racconti brevi di Kafka e di prendere a modello i film Anni Novanta di Takeshi Kitano, il Cinema muto e Fellini.
Le vicende sono intenzionalmente esagerate, in maniera iperbolica.
Il gusto -lapidario- per l'iperbole contribuisce a creare nello spettatore una distanza spiazzante rispetto alle azioni che vede sullo schermo, distanza sia razionale sia emotiva ottenuta volutamente non facendoci entrare troppo nella psicologia del personaggio.
Abbiamo fatto notare a Myllylahti che presso molti spettatori del Sud Europa questo tipo di umorismo lascia un po' interdetti, ma tant'è.
Il regista prende di mira la gelosia maschile, di cui ride, considerandola (giustamente) un'assurdità, nell'episodio del vicino di casa che per gelosia verso il barbiere si autodistruggerà.
Un noir un po' pesante, soprattutto se si pensa a un lieve e sorridente -per restare in Finlandia- Kaurismaki.
Il personaggio del protagonista non è ispirato, ma è proprio copiato da Fargo dei Fratelli Coen.
Comments