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Writer's picturePlanet Claire

SALVO: la grande retrospettiva alla Pinacoteca Agnelli, Torino dal 1 novembre 2024 al 25 maggio 2025

Ha aperto ieri la magnifica retrospettiva dedicata a un grande dell'Arte Contemporanea internazionale, che operò in Torino: Salvo, -il nome completo è Salvatore Mangione-, nato nella siciliana Leonforte (Enna) nel 1947 e cresciuto a Torino Salvo è stato una delle figure più enigmatiche e affascinanti della pittura italiana contemporanea. Venuto a mancare nel 2015, lascia dietro a sé un patrimonio di opere importanti.

Ho partecipato alla preview per la Stampa e alla inaugurazione dedicata ai collezionisti. La bellissima mostra è da oggi aperta al pubblico: dal 1° novembre 2024 fino al 25 maggio 2025 alla Pinacoteca Agnelli, in un allestimento pregevole.


Nella mostra l'artista è presentato nelle sue molteplici evoluzioni, dagli esordi.

Io sono totalmente affascinata dai suoi paesaggi apparentemente immoti, inondati da una luce fortissima che sprigiona dall'interno.


Il percorso artistico di Salvo si distingue per la vocazione pittorica singolare, sviluppatasi a partire dalla frequentazione delle correnti d’avanguardia per giungere a una personale profonda riflessione sul tema del paesaggio e della memoria visiva.

La sua formazione inizia negli anni Sessanta, in un clima di fervida sperimentazione, quando, assorbito dalle atmosfere concettuali torinesi, frequenta esponenti dell’Arte Povera e dell’Arte Concettuale, come Boetti e Paolini. In tale contesto, Salvo, sempre permeato da un'elegante ironia, realizza opere emblematiche e radicali, come la serie dei marmi incisi: lastre di pietra su cui riporta testi semplici, con cui riflette con spirito sulla ossessione per la ripetizione, sul sé e sull’eternità, suggellando la sua presenza in modo tanto effimero quanto eterno. La scrittura, le incisioni, il rapporto con la parola sembrano alludere, in questi anni, a un dialogo tra passato e presente, nell’intento di sfuggire all'oblio e riaffermare un'identità saldamente radicata in una dimensione mitica e archetipica. 

"Nel 1971 avevo fatto una mostra di cinque o sei lapidi e in ognuna c'era scritto: Simile e non identico. Era come se parlasse il marmo che ha un suo disegno. La verità è che è impossibile (dipingere sempre lo stesso quadro, ndr): tra il primo e l'ultimo c'è l'abisso."


Il genio di Salvo emerge in modo più forte a partire dai primi anni Settanta, quando abbandona il linguaggio concettuale per tornare alla pittura, rinnovando la propria cifra stilistica in una sintesi tra tradizione e modernità. Il ritorno alla pittura costituisce una scelta coraggiosa, quasi provocatoria, in un periodo in cui il medium pittorico sembrava considerato obsoleto o, quanto meno, inadeguato a rappresentare la complessità del reale. 

"In quegli anni, per essere à la page, un giovane doveva esporre in gallerie totalmente bianche, in cui comparivano installazioni e interventi dove l'uso del colore era bandito. Invece io sentivo e sento l'esigenza di fare il pittore. (...) Mi si riconoscerà almeno il merito di aver intrapreso una scelta così rischiosa in anni che non perdonavano operazioni di questo tipo. D'altra parte, ho sempre sospettato degli artisti che non cambiano mai." 

Salvo si immerge nella pittura con una dedizione assoluta, reinterpretando i temi classici della storia dell’Arte attraverso una sensibilità cromatica e una sintesi formale che ricordano la lezione metafisica di De Chirico, cui si ispira, ma che si apre alla luminosità mediterranea e a una spregiudicatezza compositiva di inedita originalità. Il paesaggio diventa dunque il nucleo centrale della sua poetica: Salvo dipinge ciò che ricorda, ciò che sogna e che immagina, costruendo scenari sospesi appunto tra visione e memoria, dove il colore diviene materia viva, pura presenza emotiva. Il cielo, le montagne, le architetture emergono sulla tela con contorni netti e volumi geometrici, delineati da un uso sapiente del colore che alterna tonalità vivide a pastelli tenui. Ogni opera è una contemplazione estatica dell’essenza stessa del paesaggio.

Nelle opere degli anni Ottanta, Salvo affina ulteriormente la tecnica, lavorando su una concezione di spazio che ricorda mosaici bizantini e icone medievali. Le sue montagne, i templi e le città assumono una sacralità trascendente, configurandosi come luoghi dell’anima più che del mondo visibile. L’assenza di figure umane conferisce ai suoi paesaggi un senso di immobilità atemporale, come se ogni quadro fosse una finestra aperta su uneternità, su un mondo archetipico e metafisico che trascende il contingente per accedere a una dimensione assoluta. Non si tratta di una realtà idealizzata o sublimata, ma di una realtà interiore, che si espande in spazi vasti e silenti, dove lo spettatore è invitato a ritrovarsi in un moto contemplativo.

La maturità artistica di Salvo è caratterizzata da un’estrema padronanza del colore, che egli tratta con sensibilità assoluta: ogni tonalità, sulla quale l'artista compie lunga ricerca, risuona con una propria vibrazione, ogni accostamento cromatico è pensato per creare armonie visive capaci di suggestionare e incantare. Salvo mostra una maestria straordinaria nel creare atmosfere di rarefatta bellezza, dove ogni elemento compositivo è ridotto all’essenziale, ma non perde liricità, quella liricità in cui io vedo il marchio distintivo della sua opera.

Le architetture, i cipressi, i colli appaiono come elementi ieratici, figure che popolano un universo silente e incorruttibile. Dell'opera di Salvo, colgo l'esplorazione del mistero della bellezza e della solitudine dell’esistere attraverso il linguaggio atemporale della pittura. L'artista si pone come un “classico” moderno, che, con totale fedeltà al mezzo della pittura, ha saputo creare un mondo carico di poesia e di enigma, dove il paesaggio è una dimora silente dello spirito che, tuttavia, non smette di dialogare con il mondo terreno.


Oltre ai suoi magistrali paesaggi, dell'artista siciliano dalla fortissima personalità e dal linguaggio visivo unico, vale sottolineare l'uso dell'ironia in altre sue opere, ove rivisita generi tradizionali come il ritratto e l’autoritratto con una vena dissacrante. Le sue figure di uomini sono personaggi di un popolo raffigurato in composizioni prive di dettagli superflui, in una dinamicità urbana quasi cinematografica eppure anonima. Ci colgo quasi Edward Hopper, senza enfasi sulla alienazione malinconica.

Oppure sono raffigurazioni di se stesso, in pose eroiche e solenni, sempre con un sottile gioco ironico che è una riflessione sulla fragilità dell'ego e sul ruolo dell'artista. Nei suoi autoritratti, Salvo si raffigura in chiave scherzosa, accentuando il contrasto tra il ruolo dell’artista e la sua figura umana, dando vita a immagini che sfidano l’idea del genio celebrato, in un approccio lontano dall'autocompiacimento. La pittura di Salvo è anche un mezzo critico e divertito per osservare l'umano.


Una mostra molto importante che invito a visitare.




Il bellissimo titola della mostra "Arrivare in tempo" è un riferimento scherzoso all'aneddoto secondo cui, dopo aver causato un piccolo tamponamento in auto, Salvo si scusò dicendo che stava cercando di arrivare in tempo per vedere i colori del tramonto.


È inoltre voluto quale riferimento al suo cogliere i tempi lenti della storia dell'arte,

e non soltanto le tendenze del momento di moda.





6 libri, 1989

olio su cartone

51 x 68












Simile, Non Identico, 1971

lapide, marmo















Stanno i giorni futuri..., 2015

olio su tavola

25 x 14 cm


















"Se dipingo un giocatore di flipper, è un quadro di genere, come se dipingessi il calzolaio nel quadro olandese e la donna che ricama."



Flipper, 1984

olio su tela

133 x 51 cm























Bar, 1981

olio su tela

189 x 148 cm











Dicembre, 1997

olio su tavola30 x 29,5 cm



Notturno con autoritratto, 1978

olio su tavola 33 x 29 cm


Senza titolo, 2008

olio su tela 100 x 80 cm






Mole Antonelliana, 1983/86

olio su tela

52 x 37,5 cm





















Ritratto di Cristina, 1978

olio su tavola

33 x 29 cm













"Nel viaggio, ciascuno cerca il proprio paradiso, o l'inverarsi di un sogno, o rincorre l'utopia del ricordo che si vorrebbe poter ritrovare nella realtà."



Bosnia Erzegovina una volta

2009

olio su tela

90 x 70 cm











"Quando rifacevo un quadro antico, era per farne un quadro nuovo, e il mio modo di essere nuovo era quello di togliere un po' di orpelli. Era un po' come guardare a Carpaccio, ma dopo aver visto Morandi."


San Giorgio e il Drago (da Raffaello)

1984

olio su tavola

70 x 70 cm





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