Queer di Luca Guadagnino (2024) dramma erotico e storia d’amore disperata
- Planet Claire
- Apr 8
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Updated: Apr 9
Di Luca Guadagnino, sto già aspettando il prossimo film After the Hunt (2025), incentrato sulle conseguenze -in un piccolo college- della denuncia di una studentessa (Ayo Edebiri, vincitrice del premio Emmy per la sua performance nella bellissima serie tv The Bear), che accusa un professore apprezzato e rispettato (Andrew Garfield) di abuso sessuale. Alma (Julia Roberts) è una professoressa legata sia all'accusatrice sia all'accusato che, trovatasi nel mezzo del thriller, sarà costretta a scandagliare il proprio segreto passato. In attesa di questa storia contemporanea, tuffiamoci nella storia vintage di Queer.
Ho visto Queer in anteprima nazionale il 29 marzo 2025; il film uscirà nelle sale cinematografiche italiane il 17 aprile, distribuito da Lucky Red.
Queer è tratto dal romanzo breve semi-autobiografico di William S. Burroughs, scritto tra il 1951 e il 1953 e pubblicato soltanto trent’anni dopo, nel 1985. Il libro è una sorta di seguito di Junkie (1953), il suo primo romanzo autobiografico. Queer (“Checca”) racconta la vita di Lee, alter ego romanzato dello scrittore, un espatriato americano in Messico dopo la Seconda Guerra Mondiale, negli anni Cinquanta, alle prese con tossicodipendenza, desiderio e ossessione amorosa. Meno incentrato sulla droga rispetto al precedente romanzo, Queer mostra comunque la dipendenza emotiva e la tendenza all’autodistruzione di Lee.
Si tratta di un'importante testimonianza del desiderio omosessuale in un'epoca repressiva. "Queer" all’epoca era un termine estremamente dispregiativo. Burroughs scrive in un’epoca in cui l’omosessualità era un tabù, e il romanzo riflette il senso di isolamento e repressione vissuto dalle persone omosessuali. Oggi è considerato un'opera chiave della letteratura queer e della controcultura americana, una lettura essenziale per comprendere il mondo emotivo e artistico di Burroughs. Il film non arriva a tale altezza. Ma è un’opera interessante.
Burroughs scrisse Queer durante un periodo di profonda crisi personale, segnato dalla morte accidentale della moglie Joan Vollmer, che lui stesso uccise in un tragico incidente d’arma da fuoco nel 1951. Questo trauma segna il tono della vicenda, più introspettiva e malinconica rispetto ad altre opere di Burroughs.
Nel romanzo come nel film di Guadagnino, il protagonista, William Lee è un uomo maturo profondamente vulnerabile. Vive un'esistenza apatica a Città del Messico, trascorrendo le sue giornate tra bar e squallide pensioni economiche, cercando di rimediare droga pesante (eroina) e sesso occasionale. I personaggi sono grotteschi e marginali e la narrazione è frammentata e alienante. Il nucleo della storia è il rapporto tra Lee e Eugene Allerton, (nel film è l’attore Drew Starkey, che da una resa puntuale di questo giovane indifferente e ambiguo), un americano sostanzialmente eterosessuale, ma anche attratto eroticamente dallo scrittore. Lee lo corteggia in modo disarmato e via via sempre più ossessivo, ma Eugene rimane emotivamente distante e non chiaro nei suoi sentimenti. Il film racconta il tormento dell protagonista che oscilla tra speranza e situazioni grottesche che sfociano nell’umiliazione. La storia si sviluppa con il loro viaggio nella jungla sudamericana: Lee è alla ricerca dello yage, un decotto di due piante tropicali psicotrope, chiamato ayahuasca, dal quale Lee spera di acquisire poteri telepatici. Lee è da tempo interessato a indagare la telepatia e vuole creare una intimità psichica e fisica assoluta con il suo innamorato, in una sorta di compenetrazione definitiva. Il decotto, che per gli indios ha valenza rituale spirituale, da allucinazioni visive e uditive, rivisitazione di traumi e ricordi del passato, esperienze fuori dal corpo e sensazione di connessione spirituale con la natura e il cosmo. Uno degli effetti collaterali è il vomito, considerato dagli indios parte del processo di purificazione. Le culture indigene vedono questa "purga" come una pulizia non solo fisica, ma anche spirituale.
L’energico Craig è straordinario: offre una performance magnetica, totalmente priva di vanità, che oscilla tra spavalderia e totale mancanza di dignità. Annebbiato dalla tequila e avvinto dal desiderio, Craig domina sempre la scena, nel suo iconico abito bianco “da console onorario”, stropicciato e sporco, con cappello, occhiali e una pistola che porta in una fondina a vista – un ironico simbolo fallico per questo 'cowboy' erotico con l'urgenza per la droga e l'urgenza dell’amplesso. Molto bella la sequenza in cui Lee/Craig cammina per il villaggio messicano, febbrile e sudaticcio, spostandosi da un bar all’altro alla ricerca di incontri occasionali, sulle note potenti di Come As You Are dei Nirvana. La musica, pur essendo anacronistica (il brano è del 1992, mentre la scena è ambientata quarant’anni prima), funziona perfettamente, perché esprime tutto l’impeto del protagonista, aggiungendo un tocco evocativo e straniante. Lee/Craig appare sempre sicuro di sé, (una sicurezza di sé che mi ricorda il favoloso britannico Bond!), persino quando è completamente distrutto: quando un medico gli ordina severamente di smettere con la droga, Lee annuisce con aria colpevole e dice che "sì, dovrei proprio farlo", ma tale sbrigativa accondiscendenza ha il solo scopo, tipico del tossicodipendente, di farsi prescrivere oppiacei di emergenza, senza la minima intenzione di cambiare davvero e di salvarsi.
Il film è magnificamente recitato in ogni personaggio: oltre al protagonista Daniel Craig, è straordinario anche Jason Schwartzman, (attore molto caro a Wes Anderson che abbiamo visto in tanti suoi film e che voglio ricordare anche per la parte di Louis XIV in Marie Antoinette di Sophia Coppola nel 2006). Jason Schwartzman interpreta qui un poeta dall’aspetto sciatto, barbuto e grassoccio e dalla conversazione burbera e lamentosa, con un debole per i ragazzi di strada dai quali si lascia rubare il cuore insieme ai suoi averi. Il personaggio è ispirato alla figura di Allen Ginsberg.
Ammirare queste due performance attoriali è un motivo sufficiente per non perdersi questo film al cinema, ma certamente non l’unico motivo.
Tra gli attori sorprendenti, ricordiamo la britannica Lesley Manville, nella parte della 'sciamana', la dottoressa Cotter, in realtà una studiosa reclusasi nella jungla con il marito (cameo interpretato piuttosto silenziosamente dal regista argentino Lisandro Alonso). La studiosa fornisce il decotto psicotropo al nostro protagonista. Il personaggio della scienziata folle è stereotipato, a mio gusto eccessivo. La sofisticata attrice è strepitosa e irriconoscibile nel trucco di una donna scomposta e sdentata.
Osserviamo ora la scelta stilistica di Guadagnino di una totale artificiosità della messa in scena. Girato principalmente su un set costruito negli studi di Cinecittà a Roma, meravigliosamente fotografato da Sayombhu Mukdeeprom, l’intero look del film è 'finto', tra paesaggi digitalmente ricostruiti, la realtà alcolica e sfocata, le sequenze oniriche. Luca Guadagnino, con lo sceneggiatore Justin Kuritzkes, sceglie una cifra stilistica lontana dal crudo, 'volgare' realismo del libro e dunque un’estetica completamente artefatta. Il tono scelto da Guadagnino è molto estetizzante: la narrazione semi-autobiografica di Burroughs abbraccia la bruttezza degli impulsi più bassi e brutali, ostinatamente sgradevoli, esprime la verità grezza dell’alcolismo, dell’ossessione, dell’autodistruzione. Il regista sceglie invece uno stile di maniera, affettato, artificioso, ripulito e racconta soprattutto una fantasia tragica sulla solitudine dell’amore gay non corrisposto e illecito per l'epoca, inserendo immagini di bellezza visionaria. Soprattutto questo preme al regista italiano di mostrare. Queer di Guadagnino è pertanto un adattamento del romanzo, ma ne è anche una versione personale, (con qualche lungaggine -a mio gusto- inutilmente compiaciuta, nella parte onirica drogata nella jungla), che altera l'umore dell’originale. Al posto di una storia sordida di ossessione illecita, fatta di repulsione e squallore, otteniamo una tragedia scritta nella poesia dolente del desiderio omosessuale disilluso e proibito, una tragedia dove il disordine è soprattutto metaforico. Quando Lee vomita in uno stato onirico a causa del decotto di piante tropicali, ciò che rigetta è il suo cuore. E alla fine Lee, riverso sul letto, muore d’amore non corrisposto.
Nell'incontro di presentazione in anteprima al pubblico italiano, il regista ha detto che segue con grande interesse Daniel Craig fin dai suoi esordi; che è un grande ammiratore delle sue incredibili performance, "della meravigliosa, nobile capacità che ha Daniel di stare sul set, il suo dominio del luogo" e ha citato il film BBC Love is the Devil: Study for a Portrait of Francis Bacon (1998), film incentrato sulla relazione conflittuale del pittore novecentesco con il suo amante, interpretato da Craig, personaggio che gli è stata d'ispirazione per questo film. Quel film è andato assolutamente al di là della biografia, restituendoci l'immaginario che il grande pittore ha creato. Guadagnino ricorda che due quadri di Bacon aprono "uno dei più grandi film mai fatti" che è Ultimo Tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, (si tratta di Double Portrait of Lucian Freud and Frank Auerbach e Study for Portrait - Isabel Rawsthorne, ndr).
Guadagnino racconta anche perché ha voluto puntare sull'artificio immaginifico per questo suo lavoro: "Non ho mai pensato che il libro Queer fosse una biografia, una autobiografia di Burroughs. Burroughs è sempre stato un costruttore di mondi, che venivano proiettati sulla pagina dalla sua immaginazione e dalle sue capacità di associazione. Addirittura lui ha creato questa tecnica di cut-up, in cui scriveva delle frasi e poi le ritagliava e le ricomponeva casualmente sulla pagina. Queer è l'ultimo libro lineare che lui scrive. L'idea di fare un film che seguisse il percorso biografico di Burroughs non si è mai posta per me, mai. Poi, a un certo punto, David Cronenberg fece (nel 1991, ndr) questo film leggendario tratto da un altro libro leggendario di Burroughs, che è The Naked Lunch, (1959, ndr. Il Pasto Nudo) e in quell'occasione lui doveva girare in Marocco, ma -a causa dello scoppio della Guerra del Golfo- decide di fare tutto a Toronto in un teatro di posa. C'è una sorta di vocazione al portare sullo schermo Burroughs con un'idea dell'artificio e dell'immaginifico."
Un film interessante e da vedere, proprio perché è questa interpretazione molto personale e contemporanea del romanzo di Burroughs.
Queer è un buon film; non supera il film che è e resta -per il momento- il miglior film di Luca Guadagnino : Bones and All, stupendo horror romantico del 2022.









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