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Writer's picturePlanet Claire

Pessimo ennesimo Branagh-Poirot

Updated: Sep 22, 2023

A Haunting in Venice (USA, 2023)

di Kenneth Branagh

titolo italiano: Mistero a Venezia

durata: 1h 43’

uscita in sala: in Italia 14/09/2023


Davvero molto brutto l’ultimo film sul detective Hercule Poirot realizzato da Kenneth Branagh. E si teme che questo saccheggio dei romanzi thriller di Agatha Christie da parte del regista e attore inglese, continuerà, con adattamenti cinematografici uno peggio dell’altro, quest’ultimo senz’altro il peggiore. Qualcuno dovrebbe davvero dire a Kenneth Branagh di smetterla. I personaggi hanno lo spessore di figurine di fotoromanzo, (i miei lettori di età matura sanno che cos’è un “fotoromanzo”, pronipote del feuilleton). Nonostante il ragguardevole cast, ci troviamo davanti a un prodotto scadente. E Branagh rende evidente che il principale e un po’ stucchevole motivo per cui realizza questi film è per dare a se stesso il ruolo del protagonista. Il film è scritto da Michael Green, già responsabile del fiacco Blade Runner 2049 (2017). La storia, tratta dal romanzo giallo di Agatha Christie “Hallowe’en Party”, con l’aggiunta di molti personaggi e la rimozione di altri, è una totale reinvenzione narrativa, in questo caso mediocre, e quel che è peggio è che la vicenda è traslata, in maniera molto improbabile, in una (turistica) Venezia: nel 1947 a Venezia non si celebrava assolutamente Hallowe’en, qualcuno avrebbe dovuto dirlo agli autori della pellicola, perché risulta una forzatura non da poco.

Velo pietoso sulla scena iniziale della festa, con un improbabile mix multietnico di bei bambini di grande vivacità e intraprendenza: ma stiamo parlando degli Anni Quaranta in Italia, i bambini borghesi chiaramente non si sognavano neanche lontanamente di avere quella libertà di azione. La festa di Hallowe’en in Italia comparve negli Anni Sessanta nelle traduzioni -all’epoca elitarie- dei fumetti d’oltre oceano The Peanuts. La diffusione della festa di Hallowe’en come festa popolare di massa in Italia è iniziata molto più tardi, non prima della metà degli Anni Novanta, tramite i film per adolescenti e le serie TV della cultura popolare nordamericana. Dunque, il film è ambientato nel secondo dopo guerra a Venezia.

Nel tentativo di sfruttare commercialmente il genere Horror anche in vista dell’imminente 31 Ottobre, si sono aggiunti bambini morti in orfanotrofio, vendette macabre e sanguinarie, avvelenamenti, e tutta una serie di personaggi inconsistenti, in una trama grottesca, sviluppata in modo superficiale. Ci si chiede, perché aggiungere un coté horror al leggendario garbo e alla impeccabile misura delle storie di Agatha Christie?

Persino la tipica, avvincente modalità narrativa “whodunnit?” per cui tutti sono sospettati e «nessuno dovrà lasciare la casa fino a che non sarà scoperto il colpevole» è qui motivata da un pretesto penoso: una sconvolgente burrasca irrompe nei placidi canali di Venezia rendendo addirittura impossibile il sopraggiungere del motoscafo della polizia. Ovviamente, la cosa è priva di senso, a Venezia. Ma gli autori della sceneggiatura non si curano del fatto che la antica città è protetta da paratoie che fermano gli eventuali maremoti lontano dai nobiliari palazzi? I canali sono quanto di più placido e immoto ci sia, fatto salvo il fenomeno dell’acqua alta, che sommerge e non è rabbiosa. Con l’ambientazione di questo script, siamo nel fantasy.

A proposito del tentativo di horror, i colpi di scena consistono in clangori improvvisi praticamente immotivati, tutti uguali, con scene ripetitive abbastanza insensate, (finestre che si infrangono violentemente, uccelli esotici che ti vengono addosso urlando, piccoli pilastri di pietra che si staccano dal fondo del canale e urtano contro i portoni degli antichi edifici, luci che inaspettatamente si spengono, …). Questi rumori improvvisi fortissimi irrompono nelle azioni e conversazioni senza consequenzialità, come in un horror fallimentare privo di incisività, che non crea nessuna suspense e nessun terrore, nemmeno una vaga inquietudine… Ci vuole un'altra maestria per fare un buon horror... È inoltre evidente che non si è saputo pensare a stratagemmi migliori per mandare avanti la vicenda.

Il fascino dei classici film gialli in costume, che restituiscono anche la bellezza di un’epoca, è assente. Nulla convince, nulla è plausibile, tutto è mal diretto e poveramente sceneggiato.

Tina Fey, Riccardo Scamarcio, Michelle Yeoh, Camille Cottin sono perfettamente sprecati. Tina Fey è una sagace, brillantissima autrice newyorkese, nonché attrice e comica, qui costretta a ovvii aforismi. Il suo personaggio è una vivace scrittrice amica di Poirot, che lo motiva (??) a occuparsi del caso. Riccardo Scamarcio, uno dei pochi attori italiani spendibile internazionalmente, interpreta una guardia del corpo: non l’ho mai visto così rigido, spento e poco espressivo e gli hanno dato battute insignificanti. Anche fotografato in un modo che non fa risaltare la sua bellezza. Michelle Yeoh, attrice premiatissima e bravissima, (ricordiamo il recente Everything, Everywhere, All at once), è qui nei panni di una medium spiritista, una parte confezionata in un modo cui non sembra credere nemmeno lei. Camille Cottin, brillante seducente attrice francese, che ricordiamo per Call My Agent/Dix Pour Cent, ha una parte scritta con pochezza, costretta a limitarsi a “mugugnare” qua e là. Non esprime la sua intelligente misura, il suo garbo, è sopra le righe e fuori parte. Gli unici due minuti interessanti di questo film inguardabile, stolto e imbarazzante, che ci rende fastidioso Kenneth Branagh, sono quelli di un bel teatrino delle ombre a inizio film, durante l’improbabile mega-festa di bambini per Halloween nel 1947, nel palazzo nobiliare veneziano, l’unica parte del film in cui si vede un po’ di maestria nella fotografia.

Infatti, persino la fotografia di Venezia lascia molto a desiderare in questo film. Ha contribuito alla colonna sonora la brava compositrice islandese Hildur Guðnadóttir. Nei precedenti due film in cui Kenneth Branagh si pavoneggia con gli eleganti e accurati baffi curvi del detective Poirot, già Murder on the Orient Express (2017) era carente di intrigo e deludente nel finale; Death on the Nile (2022) era debole, privo di ritmo, con personaggi non elaborati e spiegazioni superflue. Risparmiatevi l’ora e mezza di visione.



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