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LIMONOV, The Ballad of Eddie di Kirill Serenbrennikov

Limōnov - The Ballad of Eddie (2024) di Kirill Serebrennikov

la sceneggiatura di Serebrennikov, insieme a Ben Hopkins e Paweł Pawlikowski, è adattata dall'omonimo romanzo di Emmanuel Carrère

durata: 2h 18 minuti


interpreti principali:

Ben Whishaw è il protagonista Eddie Limōnov, attore inglese, e la sua performance superlativa è la cosa più bella di tutto il film

Viktoria Miroshnichenko è la moglie Yelena


Kirill Serebrennikov, regista, sceneggiatore e drammaturgo russo di grande rilevanza, è conosciuto per il suo approccio innovativo nel teatro e nel cinema; è considerato internazionalmente una voce audace e influente della cultura contemporanea russa.

Ma, viene da chiedersi, ci sono ancora grandi autori russi contemporanei nella Russia di Putin?

Comunque, Serebrennikov è riuscito a trasferirsi in Germania, scampando a arresti e condanne del regime.


Il suo nuovo controverso film Limōnov, (accento sulla seconda sillaba), è, a parer mio, insufficiente.

A Cannes 77, dove era in concorso lungometraggi, ha creato un notevole hype.

La pellicola è una trasposizione cinematografica del romanzo biografico Limōnov dello scrittore francese Emmanuel Carrère (2011), che racconta la vita di Eduard Limōnov, pseudonimo di Eduard Veniaminovich Savenko, scrittore, poeta e politico russo, dalla sua adolescenza nell'Unione Sovietica, alla vita da emarginato a New York e Parigi, fino al suo ritorno in Russia, dove diventa un leader nazionalista e fascista. Il libro di Carrère esplora, (ma non condanna), attraverso una narrazione che mescola realtà e finzione, l'ambiguità morale del personaggio.


Limonov (1943-2020), dal carattere tumultuoso, emotivamente instabile, è guidato da una determinazione feroce.

Al confine tra l'antieroe e il ribelle, diviene infine, al suo ritorno in Russia, il fondatore del Partito Nazional Bolscevico (PNB), un movimento politico russo essenzialmente fascista, nato negli anni Novanta, che predicava la violenza. Il PNB combinava elementi dell'ideologia bolscevica (comunismo rivoluzionario) con il nazionalismo russo, promuovendo la resistenza armata contro l'Occidente e sostenendo l'idea di una grande potenza russa autoritaria. Limōnov sostenne l'invasione della Crimea, penisola ucraina arbitrariamente annessa manu militari nel 2014 dalla Russia, fece pubblico endorsement, con i suoi separatisti filo-russi, del conflitto nel Donbas, quando gli uomini del suo partito andarono a combattere nella regione ucraina. Il PNB ultranazionalista e anti-liberale fu bandito in Russia nel 2007.


Personaggio enigmatico, o per meglio dire equivoco, Limōnov percorse molte strade: giovane poeta di dubbia qualità nella provincia sovietica, scrittore underground senza successo a New York, maggiordomo di un miliardario a Manhattan, e infine politico ultranazionalista, attivista e guerrafondaio in Russia.


Serebrennikov segue il romanzo di Carrère e ricostruisce l'evoluzione personale del protagonista e un po' i contesti storico-politici in cui era immerso.

Ma la narrazione si muove in maniera pesante, tediosa, frammentaria, per capitoli cronologici della sua vita, tutti presentati un po' come delle "cartoline", esteticamente interessanti ma molto superficiali.


L'interpretazione del protagonista è vibrante, sexy, carica di energia, e ben rappresenta la ribollente e sgangherata insoddisfazione, che definirei psichiatrica, del personaggio, uomo dalle esplosioni sconclusionate, dal situazionismo fallimentare, e uso a mescolarsi con il degrado in maniera morbosa, in un malinteso e narcisistico anelito di libertà.


Il film mescola realismo e sequenze oniriche, la fotografia è cruda, i colori cupi. I movimenti di macchina sono frammentati, enfatizzando la tensione nella vita di questo sgradevole personaggio, violento, iniquo, con una patologica concezione di sé e un altezzoso disprezzo permanente per chiunque, (che invariabilmente taccia di perbenismo), imbevuto di un individualismo estremo e radicale, orgogliosamente dalla parte del torto, incapace di redenzione.


L'infelice psicotico Limōnov tenta anche di strangolare, in un raptus di gelosia, la bellissima moglie Yelena, che giustamente lo abbandona all'istante (per non essere ammazzata).


Limōnov sprezza il successo degli altri autori russi suoi contemporanei, è ribelle e sfidante nei confronti della intellighenzia russa, di cui pare anche francamente invidioso: in primis versus Aleksandr Solženicyn, dissidente moralmente rispettato, mentre Limōnov ha un ruolo di nichilista piuttosto che di vero dissidente; e scredita anche il successo in Occidente del poeta esistenzialista Joseph Brodsky, perseguitato e esiliato dalle autorità sovietiche per il suo non conformarsi alla ideologia di regime.


Il film sottolinea il rapporto corrotto tra arte e politica, purtroppo una grande verità.


Il regista non giudica il suo protagonista e infine, come niente fosse!!, nonostante la triste attualità della vicenda storica e nonostante il devastante conflitto in corso!, sorvola, confinando ai titoli di coda, come se ciò facesse parte di un altro film, sugli inquietanti contenuti delle scelte politiche del suo personaggio.


La musica (di Massimo Pupillo) sceglie in modo banale una serie di canzoni pure cronologicamente sbagliate. Per esempio, l'uso delle canzoni dei Velvet Underground di Lou Reed, pieni Anni Sessanta, accompagna il contesto della vita sotterranea punk e della deriva degradata di New York alla fine degli Anni Settanta e inizio degli Anni Ottanta. Diciamo che le canzoni da scegliere erano altre: si è sbagliato il periodo facendo scelte musicali davvero troppo ovvie.


Il regista riproduce in un rapido fotogramma, a mo' di citazione, la famosa scena dell'adolescente Jodie Foster, di spalle con il cappello a larghe falde, mentre approccia il cliente in Taxi Driver, piegandosi verso il finestrino dell'auto. Grande momento cinematografico iconico, ma qui ovvio, da cartolina.


In particolare, la New York underground è osservata dal regista per mezzo di cliché e riproducendo l'estetica della cinematografia Indie degli Anni Settanta.


La scena di sesso omosessuale con il vagabondo haitiano è molto forte, ma anche quella resta priva di un vero impatto emotivo in qualunque modo condivisibile dallo spettatore.


Il film rappresenta in modo molto ambiguo e spiacevole non soltanto la nobile e complessa anima russa, ma anche la parabola del suo protagonista, un mitomane repulsivo, sprofondato nell'abisso di un caos fine a se stesso.


Tutto il film è, per motivi meramente commerciali, assurdamente parlato in inglese con accento russo, persino nelle scene ambientate nella provincia russa, dove sarebbe stato più appropriato usare la lingua russa nella versione originale della pellicola.


È un film decisamente noioso, con molti difetti, insufficiente, sterile, al di là di alcuni momenti esteticamente interessanti.




il meraviglioso attore Ben Whishaw, visto anche nei James Bond movies Sky Fall (2012) e No Time To Die (2021) nel ruolo di Q









Viktoria Miroshnichenko, vista anche nel bellissimo Dylda (Bean Pole), (2019) di Kantemir Balgov


















il regista russo Kirill Serebrennikov

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