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Hikikomori è una parola per un fenomeno identificato in Giappone nel 1998 da Tamaki Saito, psichiatra internazionalmente riconosciuto come il massimo esperto di questa problematica, che coniò il termine.
Si tratta di un disordine della personalità, caratterizzato dal pervasivo bisogno di "ritirarsi in casa", di appartarsi in un isolamento sociale assoluto, che dura mesi, anni.
Si stima che in Giappone vivano come reclusi sociali 1,5 milioni di persone, soprattutto adolescenti, che pertanto rifiutano la scuola, ma anche adulti e senior, che rifiutano il lavoro.
La chiusura verso il mondo da parte di un hikikomori si estende a tutte le amicizie, alle relazioni familiari e a tutte le interazioni con gli altri.
È una fuga dalle pressioni della società contemporanea. Chiaramente la pandemia CoViD-19, con il suo strascico di paure e depressione, ha allargato il fenomeno, è stata la causa scatenante per una buona parte delle attuali situazioni di isolamento. E per i giovanissimi, la causa scatenante può essere spesso rintracciata nel bullismo subíto a scuola e nei gruppi di amici. L'hikikomori si reclude anche per sfuggire a un sentimento di vergogna e inadeguatezza. Il fenomeno si espande in Giappone, ma è presente anche negli Stati Uniti e in Europa (casi nel Regno Unito, in Spagna, Germania, Svezia, Francia, Italia) e in Asia (casi a Hong Kong, Cina, Taiwan, Corea del Sud, Russia, Oman).
Nel nostro Paese sono stimati 100.000 casi. L'hikikomori è una persona che sta bene e prova sollievo soltanto se totalmente da sola, di solito volontariamente rinchiusa nella sua camera, e soffre violentemente al contatto fisico con chiunque, compresi i genitori amorevoli. Parliamo di una sofferenza tangibile, invincibile. Nel suo isolamento l'hikikomori si immerge in internet: la rete lo áncora al mondo, almeno a quello virtuale, seppure in certi casi alienandolo di più, fino al caso paradossale di farlo sentire più a proprio agio in un metaverso piuttosto che nella realtà. Chiaramente un genitore con un figlio che manifesta un comportamento hikikomori è alle prese con un problema gigantesco, entra a sua volta in una condizione di grande fragilità e sofferenza, vede sfumare i sogni e i progetti che immaginava per (e con) il proprio figlio, tenta strategie dapprima forti, poi via via più accorte e pazienti e infine, sperabilmente, cerca l'aiuto di psicologi che conoscano bene la questione.
Offre sostegno l'associazione Hikikomori Italia Genitori onlus, fondata dallo psicologo Marco Crepaldi, che si è specializzato in maniera importante sul tema. L'associazione è tra i principali sostenitori del film La Chiocciola del regista torinese Roberto Gasparro, un lungometraggio low-budget, privo di sovvenzioni statali, girato nella città di Torino e nel Salernitano, presentato in anteprima al 77° Festival Internazionale del Cinema di Salerno, dove ha vinto il premio della sezione Lungometraggi Italiani, in particolare per aver posto l'attenzione su questo tema poco conosciuto che sta cominciando a destare allarme sociale.
Il film ha una sceneggiatura a tratti un po' didascalica, ma è coinvolgente e commovente. In una Torino che nel film appare bellissima, come effettivamente è, apprezziamo il buon lavoro di interpretazione della giovanissima attrice protagonista, la 18enne Vittoria Chiolero, torinese, nel ruolo di Vittoria, la adolescente hikikomori, ruolo per cui si spende con impeto e dedizione. Vittoria è una bella liceale che collabora con la madre nella casa di moda, fa nuoto agonistico, è piena di vita e entusiasmo, fino a quando improvvisamente si rinchiude come una lumaca nel suo guscio e smette di parlare.
Le altre attrici torinesi del cast: Daniela Freguglia, che interpreta la madre Stefania Latella, stilista e primadonna del fashion group MFGA, (azienda piemontese di street wear basata a Rosta, Torino, che è il main sponsor del film); Ilaria Antonello, proveniente dalla pubblicità, che interpreta l'assistente della stilista, un'ambiziosa che approfitterà delle défaillances di Stefania e del suo momento di sofferenza familiare per farsi strada nell'azienda di moda fino a rubarle il posto.
Valida presenza Enzo Decaro, attore campano che ha lavorato anche con Mario Martone ne L'Amore Molesto, qui nella parte del nonno Francesco, che pare essere quasi un hikikomori ante-litteram: eremita ambientalista, erborista (prepara i Fiori di Bach nella sua campagna nel Cilento), cultore della tradizione dei Nativi Americani, che sono la sua difesa e la sua rivalsa contro un mondo vinto dall'inquinamento.
Questo nonno eremita, che traccia una riga per terra con un bastone perché nessuno entri nel suo spazio vitale, che non si era mai interessato alla sua famiglia, alla moglie, alla figlia Stefania, cui aveva voltato le spalle, che era stato sempre incapace di prendersi cura di qualcuno, assente in tutti i tipi di rapporti umani, silenziosamente arriva a comprendere la situazione emotiva di sua nipote e mette in atto per lei una possibile via d'uscita. È lui infine il deus ex-machina della narrazione.
Belle, e si sarebbero potute sviluppare di più, le scene con la presenza salvifica dell'asino, che permetterà infine alla giovinetta di riconnettersi con il mondo e con la natura. Scopriamo una nebulosa vicenda, degna di un feuilletton: l'asino fu donato al nonno anonimamente anni prima, lasciandogli intendere che il nobile animale provenisse dal vicino convento francescano, mentre in verità era un dono segreto, fatto dalla figlia travestita da suora, in complicità con il frate priore, perché quest'uomo volontariamente isolatosi imparasse a prendersi cura di un altro essere vivente. Lo stesso asino, (una bellissima femmina nativa di Cuccaro Vetere di nome Martina), che aveva insegnato "il senso della vita" al nonno Francesco, facendogli comprendere l'importanza della cura degli altri, ora porta anche la fanciulla Vittoria sulla strada della liberazione e della guarigione. Quando infine il nonno ritrova la metà del medaglione nell'appartamento della figlia e scopre il travestimento da suora comprende finalmente il dono segreto, il significato che esso ha portato nella sua vita e rivede in un attimo tutti gli errori che ha fatto.
Mi racconta il regista: "La madre Stefania nella prima parte del film fa tutto quello che non si dovrebbe fare di fronte a un hikikomori, con insistenze aggressive e prove di forza; il nonno Francesco nella seconda parte del film suggerisce tutto quello che si dovrebbe invece fare con un hikikomori: rallentare, rispettare il suo silenzio, non mettere più pressioni."
Il film non ha un finale, un esito della storia: non vuole né può proporre soluzioni a questo grave problema psicologico, ma nel portare attenzione su questo tema sicuramente compie un'azione preziosa e meritoria. La guarigione psichica passa sempre attraverso la consapevolezza.
Il film sarà presentato in sessanta cinema e istituti scolastici in tutta Italia, per poi entrare nel catalogo di Amazon Prime Video dall'agosto 2024.
Da vedere.
estate 2023, il film si gira a Torino
l'adolescente hikikomori interpretata da Vittoria Chiolero
il nonno Francesco con i suoi parafernalia nativi americani, interpretato da Enzo Decaro
il regista Roberto Gasparro
la giovanissima attrice protagonista Vittoria Chiolero
il cast riceve il riconoscimento del 77° Film Festival di Salerno
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