Il Monaco e il Fucile
titolo internazionale The Monk and the Gun
nazione: Buthan
anno: 2023
lingua: dzongkha e in parte in inglese
genere: commedia
durata: 112 minuti
scritto e diretto da Pawo Choyning Dorji
Pawo Choyning Dorji, giovane (quarantenne) regista e fotografo bhutanese, è una figura emergente nel cinema asiatico e ha guadagnato fama internazionale.
La sua filmografia comprende finora:
Lunana: A Yak in the Classroom (2019), lungometraggio di debutto, la storia di un giovane insegnante inviato a lavorare in una scuola remota nel villaggio di Lunana nel Bhutan.
Il film ha ottenuto riconoscimenti internazionali e una nomination agli Oscar come Miglior Film Internazionale nel 2022.
The Monk and the Gun (2023)
Il secondo lungometraggio scritto e diretto da Dorji, uscito in Europa nell'estate 2024 dopo aver girato molti film festival internazionali, esplora il Bhutan nel 2006, anno della transizione da monarchia assoluta a democrazia, mentre si prepara alle prime elezioni che si svolsero nel 2008.
Selezionato a partecipare alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2023, il film ha ricevuto grande attenzione per la sua narrazione così singolare, unica al mondo, e l'ambientazione storica.
Dorji ha un approccio delicato al racconto e attenzione assoluta alla bellezza naturale e alla spiritualità della cultura bhutanese.
Attraverso le sue opere esplora temi universali come il desiderio di connessione tra gli uomini, l'identità culturale e lo scontro tra culture opposte, l'importanza dell'istruzione.
L'ambientazione nel contesto straordinario del Bhutan, un Paese rinomato per il suo approccio al "Gross National Happiness" (Felicità Interna Lorda) piuttosto che al Prodotto Interno Lordo, è affascinante e desta molto interesse.
The Monk and the Gun è un film avvincente e ricco di significato, una commedia con un bel ritmo e un po' di suspence, che ispira dolcezza e innocenza e resta fuori dagli schemi.
Esplorando le tensioni tra modernità e tradizione, la narrazione di Dorji si fa potente e poetica al tempo stesso.
Il film segue la storia, credibile e infine commovente, di un monaco buddista che si ritrova in possesso di un'arma da fuoco antica, da collezione, risalente al tempo della guerra civile americana (1861-65), un oggetto totalmente estraneo alla vita spirituale del posto e che fa gola a un collezionista nordamericano capitato sul posto proprio per acquistare il rarissimo pezzo.
Questo fucile rappresenta le nuove influenze e pressioni esterne che stanno iniziando a fare breccia nella cultura tradizionale dell'isolato Paese himalayano.
Mentre la nazione si prepara per il grande cambiamento politico e il concetto di democrazia viene volenterosamente insegnato al popolo, il monaco deve affrontare un dilemma morale e spirituale: accettare e adattarsi alle trasformazioni che arrivano con la modernità, oppure restare fedele alle antiche tradizioni.
Il conflitto morale si riverbera non soltanto nella vita del monaco, ma anche nella società bhutanese nel suo insieme, creando il ritratto affascinante di una nazione che rischia che la spiritualità e l'identità del suo popolo siano minacciate dalle pressioni esterne per il cambiamento.
La bellezza naturale del Bhutan ci viene mostrata in paesaggi remoti che fanno da sfondo alle complesse dinamiche sociali e politiche in atto.
La fotografia di Jigme Tenzing è bella, con immagini che evocano il senso di pace e contemplazione buddhista, ma anche l'inquietudine per ciò che sta per cambiare.
Le performance attoriali sono sobrie e autentiche.
Il cast è prevalentemente composto da non-attori.
Il lama anziano è un lama nella vita reale, Lama Kelsang Choejay.
Il giovane monaco al suo servizio, Tashi, è l'attore Tandin Wangchuk, nella vita reale anche front-man di una band rock locale (!). Wangchuk restituisce benissimo la lotta interiore tra i doveri spirituali e le nuove realtà che lo circondano.
Il personaggio del nordamericano (Harry Einhorn, un non-attore al suo debutto cinematografico) si chiama Ronald Coleman, un chiaro intenzionale riferimento all'attore britannico degli Anni Quaranta Ronald Coleman che fu il protagonista del film Lost Horizon (1937) di Frank Capra, la cui storia ha un plot complesso, ma si concentra su un gruppo di sopravvissuti a un incidente aereo sull'Himalaya che scopre un'utopica valle nascosta chiamata Shangri-La, dove il tempo sembra magicamente fermarsi e la vita è serena. Mentre cercano di adattarsi a questa società perfetta, si scontrano con il dilemma di restare o tornare alla loro vita precedente.
Il giovane interprete che accompagna l'americano è Tandin Sonam.
La commedia ha un andamento comico e varie scene buffe: per dirne una, a un certo punto, un uomo del villaggio chiede a Ronald se può spiegare qualcosa per far capire che cos'è la democrazia, visto che lui proviene dalla nazione di grandi uomini come Lincoln e JFK! Ma Ronald è in imbarazzo perché sa che l'America è una nazione dove ci sono più armi che persone, e non è proprio -attualmente- un modello di democrazia pacifica...
Osserviamo la gente del villaggio abituarsi con stupore ai prodotti di importazione: i film di James Bond e la "acqua nera" (la Coca-Cola).
Il film invita alla riflessione, non soltanto sul destino del Bhutan, ma anche su come le società di tutto il mondo affrontano il dilemma tra progresso e conservazione delle proprie radici.
Con una narrazione meditativa e una regia sicura, Pawo Choyning Dorji crea un'opera che è allo stesso tempo un inno alla tradizione e alla purezza morale e un'esplorazione delle inevitabili trasformazioni portate dalla modernità.
Lo sguardo del regista verso la modernità è sorridente e molto ironico e reca un preciso intento satirico, che resta tuttavia gentile per tutto il tempo, fino all'umoristico finale.
Finale che è coronato da un bellissimo messaggio pacifista, molto importante e di valenza universale.
varie scene della commedia
e in basso una immagine dello stupa, monumento sacro che diventerà il fulcro della vicenda
il regista Pawo Choyning Dorji
il fotografo Jigme Tenzing
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