Frankenstein Junior (Young Frankenstein nell'originale) di Mel Brooks, uscito nel 1974, è un capolavoro per ragioni che si intrecciano in modo brillante tra magnifico talento registico, comicità strepitosa, omaggio fedele ma ironico ai classici della casa Universal degli Anni 30, in particolare a Frankenstein (1931) e La moglie di Frankenstein (1935) di James Whale.
La scelta del bianco e nero, emblematica della cura autoriale, l'uso delle stesse location e la creazione delle medesime atmosfere cupe, la scenografia e il design rendono il film credibile come un "falso" horror gotico, mentre l’ironia intelligente dissacra gli archetipi di quel cinema.
Il film gioca con gli stereotipi del genere horror, ribaltandoli con trovate umoristiche intelligenti che lo rendono sempre fruibile dopo molti anni.
La comicità di "Frankenstein Junior" è un sofisticato mix di umorismo verbale e slapstick.
Battute come "Si-può-fare!" (It-could-work!) e "Potrebbe andare peggio. Come? Potrebbe piovere." (It could be worse. How? It could be raining.) e personaggi iconici come Igor (Marty Feldman) e Frau Blücher (Cloris Leachman) rimangono memorabili anche grazie ai perfetti tempi comici.
Tutti gli attori sono eccezionali e interpretano i loro ruoli con una combinazione di serietà e ironia. Gene Wilder, nel ruolo del dottor Frederick Frankenstein ("Si pronuncia Fronkensteen!"), porta una profondità emotiva sorprendente a un ruolo volutamente esagerato. Marty Feldman, Igor, offre una delle interpretazioni più memorabili del cinema comico, basata sulla mimica.
Scene come il balletto Puttin' on the Ritz, dal celebre musical di Irving Berlin del 1929, tra il dottore (Gene Wilder) e la Creatura (Peter Boyle), esprimono tutta la creatività surreale di Mel Brooks.
I giochi di parole, come "Castello ululí, Lupo ululà" (Werewolf? There wolf!), sono entrati nella cultura popolare e hanno segnato la storia del cinema comico.
Queste scene non sono solo gag, ma veri capolavori di comicità visiva e verbale.
Mel Brooks dirige con un amore e un rispetto evidenti per il materiale di partenza, bilanciando il tono ironico con un'estetica dettagliatamente gotica.
Brooks non forza mai: fa emergere il divertimento dai dettagli, dalle pause e dal modo in cui i personaggi interagiscono tra serietà e ironia.
La pellicola è invecchiata benissimo. Una commedia longeva universalmente amata, un intelligente omaggio filologico per il cinema horror.
TAFFETA, DARLING
La scena del gomito in cui il dottor Frederick Frankenstein (Gene Wilder) saluta la sua fidanzata Elizabeth (una grande Madeline Kahn) alla stazione è di sottile comicità, un piccolo capolavoro di ironia e assurdo. In questo momento, l’umorismo deriva dalle eccentricità e dalle esagerazioni che caratterizzano il personaggio di Elizabeth, creando una situazione tanto assurda quanto esilarante.
Nella scena, Elizabeth arriva alla stazione con un aspetto impeccabile e perfettamente truccata, visibilmente attenta a non rovinare il suo look.
Mentre Frederick, pieno d’amore, cerca di salutarla calorosamente, lei lo respinge “Non toccarmi i capelli!” o “Attento al trucco!”.
Frederick è affettuoso e sensuale, ma l’indifferenza di Elizabeth alle sue manifestazioni d’amore crea una dinamica spassosa. Ogni tentativo di avvicinarsi dell'innamorato risulta fallimentare, con Elizabeth che si ritrae con eleganza e precisione. La educata goffaggine e la dolcezza di Frederick sono in contrasto con la vanità esagerata di Elizabeth.
“Non stropicciarmi l'abito di taffetà!” dice Elizabeth esasperata, (Taffeta, darling!)
Alla fine, quando Frederick cerca almeno un contatto fisico di commiato, ai due amanti non resta che… il gomito! E si limitano a un tocco lieve e sorridente, che diviene la gag visiva perfetta.
E che diventerà scherzosamente il saluto tipico universale, (the Elbow Bump), partito dagli USA, praticamente cinquant'anni dopo, durante la pandemia del 2020, per la necessità di evitare baci, abbracci e strette di mano.
Qui tutta la meravigliosa perfetta scena Taffeta, darling.
la grandissima Madeline Kahn con il geniale Gene Wilder nel 1974, in Young Frankenstein, nella memorabile scena che ha -cinquant'anni dopo- lanciato il saluto con il gomito
- the Elbow Bump - durante la pandemia!
Comentarios