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Writer's picturePlanet Claire

Everything Everywhere All at Once di Daniels (USA, 2022)

Updated: Mar 17, 2023

Sono andata subito a vedere il premiatissimo film, (che era già uscito l'anno scorso in tutto il mondo a partire dalla primavera 2022), tornato in sala dopo il trionfo agli Oscar. Sono andata a vederlo non appena è stato disponibile in lingua originale, (per quanto purtroppo il film visto in sala non sia pienamente la versione in lingua originale, per esempio alcuni dialoghi muti -nella scena della conversazione tra due sassi senzienti- appaiono sullo schermo direttamente tradotti in italiano, si tratta di una copia per la distribuzione italiana doppiata).


La prima cosa da sottolineare è che è un action movie, e uno sfrenatamente avventuroso e veloce, per quanto innestato su una tipica commedia sentimentale, con momenti commoventi e tanto humour (ma di un tipo di umorismo per noi non così consueto, lontano sia dall'amato British humour, sia dallo humour all'italiana).


Siamo a Simi Valley, 65 km a sud di Los Angeles. È la storia di Evelyn (Michelle Yeoh), donna matura da decenni immigrata negli USA dalla Cina con il mite marito Waymond (Ke Huy Quan); hanno una lavanderia a gettone, un matrimonio logoro, una figlia adolescente -immigrata di seconda generazione- Joy (Stephanie Hsu), che vive il tipico conflitto tra i valori tradizionali familiari e l'ambiente americano, più libero, in cui è cresciuta. Ne deriva un rapporto difficile madre-figlia; la tipica mamma cinese dissente dalle scelte di vita della figlia, in particolare la scelta della ragazza di essere in una coppia lesbica stabile con la teenager americana bianca Becky, (Tallie Medal). Ma la mamma cinese non ha il coraggio di sostenere apertamente la sua posizione perbenista e tradizionalista e si nasconde dietro la figura del patriarca, il nonno Gong Gong (James Hong), che è venuto a vivere con loro, che, come è naturale, pretende costante attenzione e deferenza. Evelyn è la convenzionale donna cinese che "non ha tempo" di dialogare, di chiarire, di rispondere, di rapportarsi in modo diretto con la sua famiglia, è sempre un "busy day", lei resta chiusa dietro la sua operosa e sovraccarica routine, e la sua vita ne risulta dimessa e scoraggiata.

Altro cliché umoristico, la crisi di fronte all'implacabile audit fiscale, (indimenticabile il divertentissimo Blues Brothers di John Landis, 1980, ove il regista interpretò in un cameo anche il ruolo dell'impiegato fiscale). Mentre Evelyn, una "qualsiasi" middle-woman asiatica, va ad affrontare una complicata verifica alla Agenzia delle Entrate, è messa di fronte a una fantascientifica via d'uscita. Improvvisamente, è ingaggiata in una serie di universi paralleli ed è l'eletta per affrontare la spietata minaccia cosmica della cattiva Jobu Tupaki, che vuole distruggere tutti gli universi. A voler dire, ovviamente, che la persona più comune può diventare -quando meno se l'aspetta- un super-eroe, perché in realtà nella sua vita di tutti i giorni è già un super-eroe!

Nel multiverso, Evelyn e gli altri protagonisti incontreranno sempre una diversa versione di sé. I vari personaggi degli altri universi sono uguali ma più fighi: più belli, più coraggiosi, più atletici, più avventurosi, più eleganti, e hanno vari strabilianti talenti. (Assomigliano un po' ai sogni a occhi aperti che chiunque abbia una vita insoddisfacente può fare ogni giorno...) Dal punto di vista cinematografico, l'andamento è quello del video-game, ogni scena è velocemente vista e superata, i vari passaggi da un multiverso all'altro avvengono senza conseguenze, pare soltanto per risolvere, una dopo l'altra, le continue lotte di arti marziali che scoppiano e poco dopo si concludono invariabilmente con un cambio di multiverso.

Non è questo il tipo di innovazione nel linguaggio cinematografico che spererei di vedere: lo stile del videogioco lo lascerei all'ambito della game industry e non lo userei così massicciamente nel Cinema. Il film è appunto un ibrido di commedia familiare cinese, action movie pazzo con ampio dispiego di arti marziali in stile Hong Kong movie, meravigliosamente coreografate, e brevi dialoghi -non presi sul serio- sul multiverso in stile caledidoscopico film di supereroi, con innesti lapidari di frasi pseudo-filosofiche sul senso dell'esistenza, ove si arriva in due parole alla verità ultima!, che, spiritosamente, si rivela nichilista, "Nothing really matters", nulla è importante, tagliano corto i Daniels.

L'introduzione del film, sufficientemente narrativa, è limitata al respiro di una sit-com un po' surreale.

Il film è poi suddiviso in tre capitoli intitolati il primo Everything, il secondo Everywhere, etc. La fine del secondo capitolo 'Everywhere' presenta la lisi di tutti i conflitti familiari e non, che si risolvono con l'affettività dispiegata un po' tra tutti, in un generale sollievo sentimentale che per un istante (per fortuna) ferma i combattimenti, altrimenti ininterrotti. Queste sono le poche scene dove si gode di un po' più di narrazione.... Lo sviluppo narrativo è la parte non presente in questo film: si racconta per mezzo di poche immagini molto veloci, si sviluppa il film soprattutto con inesauste battaglie che iniziano e si interrompono per ricominciare e reinterrompersi, con grande uso di CGI, Computer Generated Imagery. Nemmeno questi combattimenti hanno ampio respiro, né uno svolgimento, si tratta di un continuo stop and start.

L'Oscar a Jamie Lee Curtis, attrice che pure noi amiamo e stimiamo moltissimo, non lo vediamo tanto... Dotata di una forte vena comica, coraggiosamente imbruttita e sciatta nei panni della incattivita impiegata statale del fisco Deirdre Beaubeirdre, l'attrice qui però ha una parte che non le permette una grande performance recitativa e anche il cercato aspetto umoristico resta piuttosto scarso.

Con un cast davvero pregevole e un fantasmagorico montaggio, spettacolari e perfette coreografie, il film è una curiosa commedia, che pare rivolgersi a un pubblico giovane per via del ritmo frammentario e frenetico della storia.


Penso che andrò a rivederlo per scoprire se riesce a piacermi di più, se questa velocità così "automatica" riesce a prendermi e questo tipo di umorismo a divertirmi.

Certamente un film multiforme e strabiliante, richiede più di una visione e la disponibilità mentale di partecipare a uno spettacolo eterogeneo per il cinefilo classico, una visione che aggiorna e allarga i canoni estetici del linguaggio cinematografico che più amiamo.

I giovani e giovanissimi recepiranno il film in maniera molto positiva e sicuramente rideranno molto.

La figura del marito Waymond, molto à la Jackie Chan, divertirà gli estimatori del genere e dell'Hong Kong movie.


In attesa della mia seconda visione, pubblico questo bellissimo video che mostra i momenti più inventivi del film:

https://www.youtube.com/watch?v=eYv4PBdnYjo






Gli spiritosi registi Daniel Kwan e Daniel Scheinert, alla consegna del 95° premio Oscar a Los Angeles.


Alla premiazione della Academy a Los Angeles, il protagonista maschile Ke Huy Quan incontra Harrison Ford, con il quale trentanove anni prima aveva girato Indiana Jones and The Temple of Doom (1984), ne è scaturito un abbraccio commosso e bellissimo in mondovisione.


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