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Elisa di Leonardo Di Costanzo

  • Writer: Planet Claire
    Planet Claire
  • Sep 28
  • 3 min read

Elisa (2025)

regia di Leonardo Di Costanzo

sceneggiatura di Leonardo Di Costanzo, Bruno Olivero, Valia Santella

presentato in anteprima alla 82° Mostra del Cinema di Venezia, in concorso

durata 1h45'

Barbara Ronchi è Elisa

Roschdy Zem è il criminologo docente universitario Alaoui Valeria Golino è una madre


Dopo l’ottimo Ariaferma (2021), Leonardo Di Costanzo torna a indagare l’universo carcerario con Elisa, scegliendo un approccio diverso. Ariaferma era un film claustrofobico: il carcere maschile, un antico edificio isolato, era simbolo di un controllo costante e di rapporti obbligati. L'istituto penitenziario sperimentale di Moncaldo, (luogo immaginario), è una prigione “aperta” incastonata tra le montagne svizzere, dove le detenute vivono in baite, lavorano insieme, hanno accesso a studi universitari e godono di ampi spazi di rispetto, solitudine e silenzio: un carcere che sembra un monastero laico, capace di trasformare la detenzione in un percorso interiore.

Il film è ispirato dal lavoro dei criminologhi Adolfo Ceretti e Lorenzo Natali e al loro saggio "Io volevo ucciderla".

Al centro di questo ambiente, c'è la storia di Elisa (Barbara Ronchi), una giovane condannata per un delitto atroce: l’omicidio della sorella maggiore, seguito dal tentativo di cancellarne le tracce dando fuoco al cadavere. Dieci anni di pena già scontati, una esteriore serenità conquistata grazie a un’amnesia ufficialmente diagnosticata, che ha rimosso quasi tutti i suoi ricordi del crimine, del quale non ha una esperienza individuale.


Ma l’arrivo del criminologo Alaoui (Roschdy Zem) incrina l’equilibrio: il professore è uno studioso appassionato. Molto bella la scena iniziale della sua lezione sulla percezione pubblica di un atto criminale e del soggettivo senso della "giustizia", che il docente illustra utilizzando una fotografia dell'impiccagione di due afrodiscendenti negli Stati Uniti del Sud negli Anni Trenta del secolo scorso.

Le sedute con la giovane donna, scandite da confronti intensi e dolorosi, aprono la strada a flashback che ricostruiscono lentamente i frammenti rimossi, costringendo Elisa ad affrontare la realtà, fino a quel momento percepita come fantasmatica, non riconosciuta.

Può il reo, con la sua parola, accedere alla verità personale del suo gesto?

I due interlocutori inaugurano un vero e proprio spazio dialogico, una scena intima e, insieme, sociale, nella quale prende forma la cosmologia violenta dell’autrice del crimine, poco alla volta identificato, "visto", accettato. Il professor Alaoui è convinto che la redenzione passi attraverso la presa di coscienza completa del proprio misfatto.


Gi spazi aperti e luminosi del luogo di detenzione svizzero diventano il contrappunto alla mente chiusa, ferita, della protagonista, che deve riaprire le stanze oscure della sua anima. La regia insiste sul volto della protagonista, affidandosi all'interpretazione di Barbara Ronchi che evita ogni cliché per restituire un personaggio fragile, insondabile e insieme spaventosamente reale.

Accanto a lei, Roschdy Zem offre una presenza misurata, speculare, profonda.

Valeria Golino, in un ruolo secondario di una madre che cerca giustizia per un figlio ucciso senza motivo da una gang di teppistelli, introduce il tema lacerante delle vittime, ricordando che la verità non è riducibile al verdetto penale e ogni percorso di riabilitazione deve fare i conti con chi ha subito il dolore più irreparabile della perdita e che non sarà forse mai pronto a perdonare.


Ariaferma non portava dentro la scena i crimini commessi dai carcerati e raccontava la tensione della convivenza forzata. Elisa si concentra sul delitto commesso e sulla memoria della detenuta, che si isola. Infine il film si interroga sulla possibilità del perdono, della riconciliazione, della rinascita.

L'opera di Di Costanzo non offre risposte semplici: ogni personaggio resta un universo irriducibile. Il film non teme di addentrarsi nelle zone d’ombra della coscienza, di guardare oltre i muri che ciascuno porta dentro di sé.

È un cinema che concede tempo allo spettatore, un’opera austera, bella e profondamente umana. Certamente un film che rimane dentro.

la locandina del film
la locandina del film


la detenuta Elisa (Barbara Ronchi) al lavoro nella caffetteria nell'ambito del suo percorso riabilitativo
la detenuta Elisa (Barbara Ronchi) al lavoro nella caffetteria nell'ambito del suo percorso riabilitativo
Barbara Ronchi è molto efficace nel tratteggiare con sobrietà e precisione il personaggio della omicida
Barbara Ronchi è molto efficace nel tratteggiare con sobrietà e precisione il personaggio della omicida
Roschdy Zem è il criminologo
Roschdy Zem è il criminologo


 
 
 

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