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Writer's picturePlanet Claire

BOILING POINT di Philip Barantini (UK, 2021)

genere: drammatico


Finalmente è stato, pur brevemente, distribuito nelle sale. Arriverà su Netflix anche in Italia (si spera presto).


Boiling Point di Philip Barantini è un film molto bello da vedere. Ha ricevuto undici nominations e vinto quattro premi al British Independent Film Awards 2021: Best Casting, Best Cinematography, Best Sound, -vi è un uso minimalista del suono-, Best Supporting Actress alla bravissima attrice inglese Vinette Robinson nel ruolo della sous-chef Carly.

Era stato presentato a Torino (Teatro Baretti) lo scorso 8 ottobre 2022 in preziosa anteprima alla piccolissima, ma eccellente BIFF British Irish Film Fest, settima edizione, festa cinematografica dal volto anglosassone nata nel 2015 da un'idea di Daniele Manini. "ll film, girato tutto in piano sequenza, abbandona il glamour dei celebrity chef televisivi e del genio sregolato ai fornelli per riportare lo spettatore ad un'amara dose di quotidiana realtà mostrando a quali livelli di stress possa arrivare la gestione di un ristorante. Il film, osannato dalla critica, registra una straordinaria performance di Stephen Graham (This is England, Awaydays, Yardie, The Irishman e Peaky Blinders per citare solo alcuni dei film/serie TV in cui ha recitato) ed è una Super Preview." (dalla presentazione del BIFF)


Il film ha appunto questa interessantissima prerogativa: è girato con grande abilità in un unico piano-sequenza, (one-take), una tecnica di ripresa cinematografica senza tagli, utilizzata magistralmente in molti capolavori della Storia del Cinema. Il piano-sequenza di Boiling Point è un lungo segmento narrativo autonomo della durata di 1h32', realizzato appunto attraverso una sola ripresa, senza soluzione di continuità. La cinepresa segue un personaggio dopo l'altro e a volte aspetta che un personaggio arrivi sulla scena per poi iniziare a seguirlo e continuare a seguirlo anche se va in luoghi oscuri e solitari, quelli che normalmente sarebbero fuori campo. Il film ha quindi un ritmo molto particolare, con pause e inquadrature non consuete, e la visione è assolutamente avvolgente, avvincente. Barantini e James Cummings hanno scritto l'ottima sceneggiatura e studiato dove posizionare i vari personaggi come in una coreografia, a partire dalla location che avevano scelto: il British restaurant and cocktail bar Jones & Sons, ristorante affermato, piacevole, elegante -per quanto informale-, sorto nel Nord di Londra in una ex-fabbrica tessile. È in questo ristorante che l'intero film è stato girato o -vorremmo dire- orchestrato, per via della sua natura immersiva. Barantini spiega che la scelta dell'unico piano-sequenza non è un esercizio di stile, per quanto stilisticamente sia venuto fuori un lavoro ottimo, bensì è una metafora: è una tecnica che si vuole esemplificativa ed emblematica del modo di lavorare in un ristorante di successo. "When you're in the middle of a busy service, you don't get a chance to stop. If you have a bad customer or if someone is going through something you don't have time to go, 'let's stop and talk about it.' You're in it, you're on this conveyor belt and it's going in one direction. A shift is one take. That's why I wanted to do it in one take, not to be like, 'Look how clever we are,' or 'Look what we can do,' it was to throw the audience in it and have them immersed in this world and have to go through that and experience it and go on a journey."

Il titolo del film, Punto di Ebollizione, è rivelatorio e dice proprio di quando le bolle -le varie situazioni di lotte interiori- stanno per scoppiare e liberare la catastrofe. Nel ristorante londinese i guai operativi sono mescolati ai guai esistenziali o -per meglio dire- sono originati dai guai esistenziali. Nell'ambiente sotto pressione di una cucina di eccellenza il bilanciamento tra lavoro e vita privata è impossibile e si fa danno a se stessi e agli altri. La narrazione è al tempo stesso molto misurata e molto incisiva. La storia del protagonista non è collocata nel centro del racconto, bensì è tenuta collaterale e rivelata soltanto in ultimo. Magnifiche le performance di tutti gli attori. Molti sono i personaggi "attachant". La sous-chef Carly, la sconclusionata general manager che è lì in quanto figlia di un socio di maggioranza del ristorante, il barista baccaglione, l'intransigente ispettore dell'Ufficio d'Igiene, l'odioso e sleale chef televisivo famoso, il critico gastronomico fintamente fuori servizio, il cliente maleducato razzista, ...

Uno dei momenti registici di eccellenza è quando l'inquadratura si ferma davanti alla porta del bagno bianca chiusa, dove Beth, la manager del ristorante, si è rifugiata in lacrime e noi spettatori sentiamo soltanto la sua conversazione al telefono. Un momento molto commovente è la scena della materna demi-chef di pasticceria Emily con il suo giovanissimo aiutante Jamie, che lei scopre ha compiuto gesti di autolesionismo estremi. Il già citato cameriere Dean, omosessuale, è stufo di doversi comportare con la clientela, (in particolare, i turisti stranieri, un gruppo di giovani donne americane), nello stereotipico modo queer sdolcinato: è stufo di dover essere un cliché per i clienti del locale. La cameriera Andrea, (l'attrice Lauryn Ajufo), è trattata senza rispetto mentre serve a un tavolo di ricchi ignoranti che la disprezzano per il colore scuro della sua pelle. Un gruppetto di influencer di Instagram, ridicolizzati nella loro mediocrità, e anche estremamente sessisti, viene raffigurato in modo sarcastico.


Questo dramma British fa molti riferimenti alla realtà biografica del regista. Lo chef di eccellenza Andy Jones, del citato ristorante londinese, è un amico ed ex-collega del regista e presta il suo nome al protagonista. Barantini, prima di lavorare per la Film Industry, lavorava infatti nei ristoranti. Molto onorevolmente e nitidamente, il regista ammette oggi nelle interviste i suoi trascorsi problemi di intossicazione, di cui aveva infine preso coscienza, dopo aver dismesso la vuota retorica del "I'm too busy", ho troppo da fare per occuparmene. "I struggled with my own demons, addictions and all that. I've been sober for seven years now and my life is completely different to what it was, but during my time in kitchens, when I was drinking and doing all that, I was in a deep dark hole for many years, while I was working in those restaurants, and there was not really any help out there in those times." Racconta che è stato motivato dalla propria storia personale e di voler favorire una presa di coscienza su un mondo del lavoro dove non si da aiuto a chi ha problemi di salute mentale e di abuso di sostanze.


Il regista è un Liverpudlian e il suo protagonista è uno Scouser, lo chef Andy Jones, (interpretato da Stephen Graham). Molto divertente ascoltare -ovviamente nella versione originale- lo Scouse e le altre parlate regionali, come quella del cameriere Dean, lo scozzese Gary Lamont.






Premio Best Supporting Actress al British Independent Film Awards alla bravissima attrice inglese Vinette Robinson nel ruolo della sous-chef Carly.





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