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40° Lovers Film Festival, 10-17 aprile 2025, Torino

  • Writer: Planet Claire
    Planet Claire
  • May 9
  • 6 min read

Updated: May 22


Altri film internazionali molto interessanti visti durante il festival:


Drive Back Home di Michael Clowater (Canada, 2024)

durata 100'

Il film on the road è un classico sottogenere hollywoodiano. I migliori road movie danno tempo e spazio ai personaggi e alle tematiche di svelarsi pienamente; di solito il lungo viaggio amplifica i conflitti, mentre le ambientazioni sono continuamente nuove e in movimento.

Il film canadese Drive Back Home è intelligente e ben ambientato negli Anni Settanta, epoca in cui l’omosessualità era stata da poco depenalizzata, ma non è ancora ampiamente accettata. Weldon (Charlie Creed-Miles) è un idraulico un po’ burbero che conduce una vita tranquilla nel rurale e isolato New Brunswick. Una notte riceve una telefonata dalla polizia di Toronto: suo fratello, Perley (Alan Cumming), con cui non ha più contatti da anni, è stato arrestato per aver fatto sesso con un altro uomo in un parco pubblico. Su insistenza della testarda madre Adelaide (Clare Coulter), la anziana capo-famiglia, Weldon si mette in viaggio verso Toronto per pagare la cauzione e riportare il fratello a casa, in New Brunswick. Perley, è diventato un cittadino; è una presenza esuberante e sopra le righe. Non tornava da tempo a casa, a causa del padre violento morto recentemente. Le personalità dei due fratelli si scontrano mentre sono costretti a fare i conti con il passato durante il loro emblematico “viaggio di ritorno a casa”.

Ispirato a eventi reali che coinvolsero il nonno e il prozio del regista Michael Clowater, Drive Back Home è un film divertente e malinconico. Il centro del film è la relazione tra Weldon e Perley, e il netto contrasto tra i due. Weldon è talmente chiuso e a disagio nel mondo esterno che fa il pieno di taniche di benzina prima di partire, così da non dover fermarsi in Québec, dove tutti parlano francese. Perley, invece, è flamboyant e audace, e non si muove mai senza portare con sé il suo adorato cane carlino imbalsamato. Osservare la dinamica tra i due è tenero. Inizialmente Drive Back Home si presenta come una commedia stravagante. Poi, ci renderemo conto di quanto voglia colpire emotivamente quando la vicenda è pienamente svelata, nella seconda metà del film, e il film diventa drammatico e molto toccante.

Clowater ricrea in modo autentico un’epoca carica di odio e chiusura mentale, in cui le persone gay venivano punite semplicemente per il loro essere, con violenza estrema e spesso omicidio. Perley o portata in scena in una performance complessa di Alan Cumming, al tempo stesso divertente e dolente. Perley è orgogliosamente sé stesso nonostante l’ignoranza che lo circonda, ma il suo dolore è tangibile. Alcune scene intense che rievocano la violenza omofoba subita da Perley da ragazzo sono devastanti, ma c’è abbastanza leggerezza disseminata nel film da bilanciare questi momenti. Sebbene Cumming sia il vero protagonista, anche Creed-Miles offre un’interpretazione sfumata e potente.

Drive Back Home non propone nulla di nuovo né per il genere del road movie né per le storie LGBTQ+, ma il film conquista grazie alle splendide interpretazioni, all'ambientazione evocativa e alla riflessione, quanto mai autentica e attuale, sul bisogno di essere se stessi combattendo a testa alta l'omofobia.


Crossing di Levan Akin (Svezia/Danimarca/Francia/Turchia/Georgia, 2024)

durata 106'

Una ex-insegnante georgiana parte in missione per ricercare la nipote trans. Durante il viaggio, imparerà alcune cose. Il film corale di Levan Akin è ricco e gratificante.

Con il volto impassibile e un atteggiamento rigido, Lia (Mzia Arabuli), un'insegnante in pensione di Batumi, in Georgia, spera di portare a termine il suo scopo: rintracciare sua nipote Tekla, per chiederle scusa per non esserle stata vicina anni prima, quando ne aveva più bisogno.

La sua ricerca la porta oltre confine, a Istanbul. Con lei viaggia Achi (Lucas Kankava), un ragazzo opportunista che si è intrufolato nel viaggio con la scusa di fare da interprete, ma in realtà vede Lia come un’occasione per fuggire dalla sua vita senza sbocchi in una baracca sul Mar Nero con un fratello prepotente. Dopo una serie di falsi inizi e qualche serata di troppo passata a bere, i due fanno conoscenza con Evrim (Deniz Dumanli), una donna trans, avvocata e attivista per i diritti delle persone trans.

L’ultimo film del regista svedese Levan Akin è un arazzo straordinario di personaggi e culture che si scontrano, si intrecciano e infine fioriscono. Un film con vicende dolorose e un finale sognante. Un film davvero molto bello.


Lesbian Space Princess di Emma Hough Hobbs, Leela Varghese (Australia, 2025)

durata 87'

Le storie di formazione queer sono un punto fermo del cinema contemporaneo. È divertente vedere le sceneggiatrici e registe queer australiane Emma Hough Hobbs e Leela Varghese realizzare qualcosa di diverso con la loro commedia musicale animata, ambientata in una “gaylaxia” lontana, lontana. Il film è pieno zeppo di gag visive intelligenti, giochi di parole e riferimenti pop spiritosi (i cattivi, che esistono solo in 2D, si chiamano “Straight White Maliens”, ovvero “maschi alieni bianchi etero”). Presentato in anteprima nella sezione Panorama della Berlinale, è un’opera molto colorata, positiva e pensata per conquistare un pubblico giovane con un divertito sarcasmo sui cliché, mentre il film celebra la vita e l'amore.

Saira (doppiata da Shabana Azeez) è l’adolescente figlia delle due regine lesbiche che governano il piccolo pianeta di Clitopolis, un luogo che sembra uscito dalla visione di animatori giapponesi. Un esempio del tono umoristico del film: viene ripetuto più volte che Clitopolis “è un luogo difficile da trovare” — almeno per chi non è di orientamento lesbico.

La principessa spaziale del titolo, impacciata e emotivamente immatura, è perdutamente innamorata di Kiki (Bernie Van Tiel), una dura e scafata cacciatrice di taglie -almeno sulla carta, visto che non la vediamo mai nella sua attività di bounty killer- che però lascia la protagonista all’inizio del film accusandola di essere noiosa e gettandola nello sconforto. Le cose peggiorano quando Kiki viene rapita dagli Straight White Maliens e Saira è costretta a partire per salvarla, attraversando l’universo. Il mezzo di trasporto scelto, un po’ per caso, è una vecchia navicella malandata il cui sistema di controllo è doppiato con brio da Richard Roxburgh, che lo interpreta come se HAL di 2001: Odissea nello Spazio di Kubrick fosse un maschio bianco e sessista completamente ignorante. Nel suo viaggio verso l’impossibile, Saira è naturalmente chiamata a crescere emotivamente e gran parte di questo cambiamento arriva grazie all’incontro con Willow (Gemma Chua Tran), una ragazza goth che fa da perfetto contrappunto all’emo girl Saira. Willow canta a Saira una ballata folk lo-fi molto semplice ma piacevole: “Ho una cotta, è vero / ed è per te.” La cantautrice Willow sarà scaricata da Saira, non appena la dura Kiki richiama Saira per ricordarle che deve ancora essere salvata.

L’aspetto visivo del lungometraggio è vivace e accattivante; Lesbian Space Princess scorre via veloce, regalando alcune buone risate lungo il percorso.

Lesbian Space Princess eccelle nel modo in cui esplora la queerness stessa.

La ragazzina si sente spezzata, inadeguata, indegna in un modo in cui si possono sentire le persone queer, il racconto tuttavia non utilizza le storie di oppressione e odio di sé. Certamente si distingue come una storia creata da e per persone queer.

Essere queer è la norma qui, in tutta la sua gloria inter-gay-lattica.





Queerpanorama di Jun Li (USA/Hong Kong, 2025)

durata 87'

Un bellissimo giovane gay asiatico impersona gli uomini con cui ha fatto sesso liberamente e porta con sé ad ogni suo successivo incontro la nuova identità che crea nell'incontro con l'amante precedente. Solo fingendo ogni volta di essere qualcun altro (l'amante precedente) può essere davvero sé stesso.

Il film parla anche del personaggio che ciascuno può essere portato a recitare in un incontro con uno sconosciuto.

Gran parte della storia si basa sulle esperienze del regista Jun Li con l’uso di un’app di incontri gay. Alcune battute sono riprese direttamente da quelle conversazioni, da dialoghi realmente avvenuti.

Diversi attori non hanno esperienza di recitazione; usano i loro veri nomi e interpretano se stessi, Jun Li aggiunge un tocco di finzione al racconto semi-autobiografico.

La maggior parte delle interazioni appare autentica e il film funziona bene.

Forse ridondante dal punto di vista concettuale e dei dialoghi la scena finale che vuole essere verbalmente "riassuntiva" e conclusiva.

Il film ritrae il profilo di un uomo solo e malinconico che trova conforto nel sesso occasionale, portando al contempo lo spettatore in un viaggio, visivamente molto bello, attraverso una Hong Kong varia e diversa. Presentato alla Berlinale.




 
 
 

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