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THE FRENCH DISPATCH, di Wes Anderson (USA 2021)

Film d'obbligo, o 'de rigueur', visto che è francofilo: The French Dispatch di Wes Anderson (2021), scritto con il "cinico" Jason Schwartzman e l'eccellente autore Roman Coppola, (sì, il figlio del grande Francis Ford Coppola e il fratello della brillante Sofia Coppola), che ha scritto insieme a Wes Anderson molte delle sue opere, per esempio The Darjeeling Ltd., 2007 e Isle of Dogs, 2018, e ancora, tra gli autori, un altro fedelissimo di questa cricca di virtuosi, il londinese Hugo Guinness, già co-autore dei preziosi The Grand Budapest Hotel, 2014; Fantastic Mr. Fox, 2009; The Royal Tenenbaums, 2001.

*** *** *** A Torino The French Dispatch è in versione originale al cinema Ambrosio ogni sera alle ore 21:30.

Abbiamo sentito per caso una spettatrice, che già sui titoli di coda commentava che "quando un regista fa un film a episodi è perché non ha più niente da dire". Ovviamente questo commento è un po' una stupidaggine. Infatti, in questo film c'è letteralmente addirittura troppo materiale, narrativo, estetico, autoriale. E la scelta di costruire tre episodi saldamente incastonati l'uno nell'altro è soltanto l'ennesimo tocco vintage da parte del regista, in omaggio agli Anni Sessanta. Ed è buona l'idea che ciascun episodio sia un articolo giornalistico del Dispatch: quasi un film 'da leggere', in cui infatti si usa un eloquio molto raffinato. Infatti, il Díspatch è il supplemento settimanale, il magazine culturale del giornale USA The Evening Sun di Liberty, una cittadina provinciale, che esiste davvero, nel Kansas. (Sì, proprio il Kansas, un luogo convenzionale e arretrato per antonomasia fin dai tempi di The Wizard of Oz.) Il magazine viene lavorato nella provincia francese, a Ennui sur Blasé, ovviamente un luogo di fantasia, che raccoglie tutto quanto Wes Anderson vezzosamente ama della Francia, in un profluvio di adorabili cliché. Il nome è già uno scherzo, chiaramente: la noia (ennui) della provincia, (dove "nothing ever happens"), coniugata con l'atteggiamento indifferente e disincantato (blasé), ma chic

Ciascuno spettatore finirà con il prediligere l'uno o l'altro dei tre episodi. Il primo episodio è molto divertente , ambientato nel carcere, con una deliziosa Léa Seydoux nella parte della secondina, un eccellente Benicio Del Toro nella parte del criminale, un iconico Adrien Brody nella parte del mercante d'arte e una strepitosa, siderale Tilda Swinton. Si sorride della galera come in Brother, Where Are Thou dei Coen, 2000. E si sorride del mercato dell'arte contemporanea e dei personaggi che lo popolano. Il secondo episodio, con la contestazione sessantottina in b/n che ricorda Godard, vede un Timothée Chalamet qui protagonista totalmente in parte e bravissimo, spalleggiato dalla giovanissima contestatrice Juliette, l'attrice francofona Lyna Khoudri, un personaggio spassoso. Gli eccellenti dialoghi sono in due lingue. Dentro questo episodio c'è pure incastonata una pièce teatrale. Tutto, dall'inizio alla fine, in chiave sarcastica. L'ultimo episodio, (il Cuoco, il Commissario, etc. etc.), è piuttosto complesso, una sorta di poliziesco o mystery, più degli altri una storia dentro una storia dentro una storia, quando ormai vorresti che il film rallentasse un po'..., e c'è persino dentro un bel cartone animato à la Tin Tin. Perfetto Bill Murray, che da decenni è invariabile, e .. molto blasé, molto cool e... "muore sempre". Scene-quadretto piuccheperfette. Dettagli scenografici da collezione, come sempre in Wes Anderson. Impostazione da teatro. Pervaso di humour nero.

Film da vedere e rivedere e non soltanto per il cast memorabile, -aggiungo la giornalista Frances McDormand nel secondo episodio, il commissario Mathieu Amalric e la show-girl Saoirse Ronan nel terzo episodio, il cronista in bicicletta Owen Wilson, qui un po' Jacques Tati, nel godibile prologo- e via elencando... ma anche per l'inventiva infaticabile e la delizia della narrazione sorridente.

Se ne uscite frastornati, e anzi spiazzati, è comprensibile: tanta roba!

Un particolare curioso, (che forse metterà d'accordo anche chi non si è accorto di essere andato a vedere un film sostanzialmente umoristico): tutti i partecipanti a questa opera, compresi gli italianissimi costumisti, durante le interviste ridono e ridacchiano tutto il tempo, rievocando gli abituali episodi del set. Infatti, intorno a Wes Anderson, c'è un mondo fatto di pura commedia e disincantata gioia, eleganza, originalità.




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