Sur Mes Lèvres (Sulle mie Labbra)
regia di Jacques Audiard
sceneggiatura di Jacques Audiard e Tonino Beneacquista
con Vincent Cassel e Emmanuelle Devos
musiche di Alexandre Desplat
durata 1h55'
Ho annunciato pochi giorni fa la bellissima retrospettiva dedicata al regista francese Jacques Audiard, l'autore di Emilia Peréz, film molto atteso che finalmente arriva in sala anche in Italia.
Ho visto oggi il primo film della rassegna, al cinema Romano di Torino: il bellissimo lungometraggio, realizzato nel 2001, Sur Mes Lèvres (Sulle Mie Labbra) del 2001, un film noir di grande classe e raffinatezza. L'opera si muove con magistrale equilibrio tra il thriller psicologico e il dramma intimo, creando un’esperienza cinematografica densa di fascino, tensione e carica emotiva.
È la storia di due personaggi emarginati che trovano un'inedita alleanza: Carla è una segretaria con un importante deficit uditivo, che per questo handicap vive un’esistenza silenziosamente repressa; Paul, appena uscito di galera dove ha scontato due anni per furti e rapine, è imprevedibile, goffo, senza prospettive. La donna lo assume come assistente nell'ufficio dove lavora. La trama si sviluppa in un gioco di potere e vulnerabilità, in cui i protagonisti, sedotti l'uno dall'altra, cercano di riscrivere i confini delle loro vite. Audiard mostra un’abilità magistrale nel sondare l’intimità dei suoi personaggi, trasformando i loro limiti in strumenti di riscatto. La sordità di Carla diventa un'arma, un super-potere per comprendere anche a grande distanza ciò che gli altri dicono, soprattutto ciò che è segreto, tramite la lettura labiale. La brutalità e la inclinazione criminale di Paul sono accompagnate dal suo rivelarsi fragile e umano e da una autentica sensibilità; è un uomo che cerca di connettersi con la donna, ma non sa farlo senza l'intermediario della forza e della violenza, e tuttavia è capace di proteggere e amare. Questo bandito ricorda il personaggio di Igor (interpretato da Yuryi Borisov) di Sean Baker nel recente Anora. E, in qualche maniera, coerentemente anche il gangster di Emilia Pérez, umano, troppo umano. La dinamica tra i due protagonisti è resa con grande sensibilità dall'autore, che non cerca di giustificare la violenza del personaggio, ma la narra come una risposta complessa a esperienze traumatiche di un passato ineludibile. Ma il rapporto tra i due protagonisti evolve in modo graduale e mai prevedibile e entrambi conseguiranno una grande crescita emotiva durante la vicenda. Un tema centrale è il potere dell’ascolto, inteso come capacità fisica e come atto essenziale di comprensione reciproca. La loro complicità nasce dalla necessità, cresce attraverso piccoli gesti e culmina in un legame in cui desiderio e fiducia si fondono, pur rimanendo imbevuti di quel fascino ambiguo tipico dei film francesi più belli e intelligenti.
L’interpretazione di Emmanuelle Devos è eccellente: recita l'handicap e l'essere vittima di un mondo che la sottovaluta, ma è una donna capace di trasformare la propria rabbia in azione. Il grande Vincent Cassel offre una performance cruda e autentica, incarnando un uomo diviso tra la volontà di redenzione e il peso del suo passato e presente di gangster.
La regia di Audiard è precisa e attenta; alterna silenzi fascinosi a momenti di improvvisa violenza, costruendo un’atmosfera che riflette la tensione interiore dei personaggi.
La fotografia, firmata da Mathieu Vadepied, utilizza luci fredde e spazi angusti e offre uno sguardo inconsueto sui fatti.
La colonna sonora è molto interessante e davvero bella, composta da Alexandre Desplat, autore che conosciamo e amiamo per le sue collaborazioni con Wes Anderson.
Audiard costruisce un microcosmo in cui il contatto tra due anime spezzate genera una bellezza difficile e irriducibile.
In un panorama cinematografico dominato da storie convenzionali, questo film ha grande profondità emotiva e magnifico rigore formale e conferma Jacques Audiard come uno dei più raffinati autori del cinema contemporaneo.
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