durata: 2h43'
regia di Cary Joji Fukunaga
scritto da Cary Joji Fukunaga, Neal Purvis, Robert Wade, Phoebe Waller-Bridge
storia ideata da Cary Joji Fukunaga, Neal Purvis, Robert Wade
cast:
Daniel Craig è James Bond, ritiratosi in pensione da cinque anni, che torna in servizio per l'emergenza
Rami Malek è l'antagonista Lyustifer Safin, bioterrorista
Léa Seydoux è la Dr. Madeleine Swann, psicoterapeuta e amore di Bond
Lashana Lynch è Nomi, la nuova agente 007
Ralph Fiennes è Gareth Mallory / M, il superiore di Bond e capo della MI6, la Military Intelligence 6, servizio di spionaggio britannico operativo internazionalmente
Ben Whishaw è Q, il geniale scienziato che si occupa dell'equipaggiamento tecnologico di Bond
Naomie Harris è Eve Moneypenny, assistente dell'ufficio MI6, segretaria e alleata di Bond, qui il piccolo ruolo è realizzato con magistrale eleganza dalla bellissima attrice
Ana de Armas è Paoloma, agile e seducente agente CIA
Lisa-Dorah Sonnet è Mathilde, la piccola figlia di James Bond e di Madeleine Swann, scelta perché ha gli stessi occhi del padre
l'attore franco-algerino Dali Benssalah è Primo, il mercenario con l'occhio di vetro e un taglio di capelli "da cattivo di strada" decisamente tamarro
David Dencik è lo scienziato corrotto Dr. Valdo Obruchev, creatore del Project Heracles.
Christoph Waltz è Ernst Stavro Blofeld, il mostro di ferocia fondatore della associazione criminale Spectre; nel film è detenuto in una prigione dalla MI6
Nel panorama del cinema contemporaneo, No Time to Die si erge come l'epica conclusiva della saga di James Bond. Non è soltanto un film d'azione, avventura e spionaggio, ma è una riflessione sulla mortalità, sul sacrificio e sul destino. Cary Joji Fukunaga, al suo esordio alla regia del capitolo di 007, realizza una storia che trascende la superficie dell'action movie per sondare le profondità emotive e psicologiche del celebre agente segreto.
Troviamo nel film una eccellente gestione dei tempi e il tipico ritmo incalzante del genere, mescolato a una bellissima eleganza visiva e momenti di silenzio e riflessione, che restituiscono una dimensione più intima e umana al personaggio di Bond.
Daniel Craig, nel suo ultimo incarico nei panni di 007, incarna una figura complessa, tormentata dalla sua storia e dalla sua missione, e anche vulnerabile, in questa fase finale della sua carriera. La sua interpretazione è immersa in una rassegnazione che, pur non cancellando l'immagine del guerriero infallibile, lo svela nella sua fragilità. L'amore con Léa Seydoux, nel ruolo di Madeleine Swann, è sublime, e la coppia condivide momenti lontani dai canoni della frenesia tipica del franchise, rivelando il mondo privato, quasi malinconico, di Bond. La relazione di James Bond con Madeleine non è più soltanto una dinamica tra agente segreto e femme fatale, ma si evolve in un confronto tra due anime ferite, che si misurano con la loro storia passata, i tradimenti e le promesse non mantenute. Il loro dialogo è pieno di tensione emotiva, ma anche di una dolcezza che tradisce un amore più indifeso e umano di quanto ci si possa aspettare da un film di Bond. Inoltre, insolito e avvincente è il lungo esordio che pone -per una volta- l'attenzione su un personaggio diverso da Bond stesso, raccontandone complessi e drammatici antefatti. Alla vicenda sentimentale, non mancano i piccoli momenti di comicità, sempre offerti con indicibile grazia da Daniel Craig.
I luoghi che Fukunaga sceglie sono parte integrante della narrazione. Dalla meravigliosa Matera alla plumbea Londra, dalla divertente Jamaica alla movimentata Cuba, fino alla labirintica isola artificiale immaginaria dove si svolge il finale, ogni scenario offre la cornice perfetta e intensifica il contrasto tra la bellezza naturale e la decadenza umana. In No Time to Die l'antico e il futuro si incontrano; il sacrificio e la speranza risuonano profondamente in questa storia di Bond. E gli spazi non sono soltanto sfondi, sono testimoni della inquietante tensione tra ordine e caos. La raffinatezza visiva, nelle mirabili inquadrature iniziali di Matera, e nelle scene finali sull'isola di Safin, si eleva a un vertice artistico senza precedenti nella saga. Matera è presentata all'inizio del film nella sua strabiliante bellezza antica e diventa il palcoscenico di una delle sequenze più adrenaliniche e stilisticamente affascinanti del film, un incontro tra il moderno thriller e la storia millenaria. Fukunaga, con visione acuta e sofisticata, utilizza la città come elemento narrativo che conferisce una sensazione di isolamento e mistero. Le stradine strette e tortuose, gli scorci panoramici mozzafiato, l'atmosfera immota, che pare sfidare la linearità del tempo, offrono un contrasto perfetto per gli inseguimenti e le azioni frenetiche. E sottolineano il tono inquieto e meditativo del film. L'isola artificiale di fantasia del finale è invece una sorta di architettura surreale e fantascientifica, luogo inquietante, dominato dalla presenza di un criminale dal volto deturpato, metafora del veleno nella sua mente -Lyustifer Safin- che, nel suo delirio, nella sua ingegneria malata, cerca di plasmare un mondo nuovo. Il conflitto finale ha una dimensione lirica, esprime il trionfo della giustizia, ma anche la tristezza di un mondo, quello di James Bond, che inevitabilmente si auto-distrugge. Le acque dell'oceano lambiscono le rovine dell'impianto iper-tecnologico, le strutture metalliche sono cicatrici nel paesaggio: è lì che James Bond termina la sua parabola.
La sequenza conclusiva, nella sua tensione drammatica, lascia spazio anche a una riflessione profonda sulla solitudine del protagonista, ormai separato dalla vita che ha conosciuto e dalla sua stessa leggenda. La morte di Bond, nella sua inevitabilità, non è banale o gratuita, ma segna piuttosto un passaggio simbolico che affida al personaggio una chiusura lontana dall'eroismo assoluto e piena di un’umanità struggente. No Time to Die è una riflessione sul concetto di eroe moderno. La morte non è la fine della narrazione, ma il momento di compimento di una lunga e tortuosa parabola che Fukunaga ha plasmato con raffinata sensibilità visiva e narrativa.
Rami Malek, nel ruolo di Safin, rappresenta la dimensione più allarmante del film, recando una presenza disturbante e paurosa. La sua interpretazione calma, sommessamente sofferente, rende il personaggio ancora più minaccioso. Gli autori del film riescono a sottrarre il villain alla dimensione caricaturale, conferendogli complessità; l'antagonista è una figura la cui ambiguità è palpabile, e Malek ne è magistrale interprete. Safin non è un cattivo esuberante, ma una figura che sembra essere consumata dalla sua stessa missione di distruzione, quasi un fantasma che aleggia su tutta la narrazione. Non c'è la furia cieca del folle, ma piuttosto una calma e lucida consapevolezza della propria missione e della propria solitudine.
La piccola Mathilde, la figlia di Madeleine Swann e James Bond, è interpretata da Lisa-Dorah Sonnet. Il suo personaggio diventa il simbolo di un legame profondo e inaspettato tra Bond e Madeleine, incarnando la continuazione di una storia personale e affettiva che va oltre la missione e l'eroismo. La sua presenza fornisce al film un tocco di tenerezza, ma serve soprattutto a mettere in evidenza la vulnerabilità di Bond come uomo. Il legame tragicamente si interromperà, e non resteranno che la narrazione e la memoria.
Primo, l’antagonista con l’occhio finto, è interpretato da David Dencik. La sua figura angosciante e ossessiva e è l’espressione della brutalità del male. L’occhio protesico è il simbolo del suo stesso carattere: un essere che ha perso una parte della propria umanità, riducendosi a un automa in cerca di distruzione. La sua presenza rafforza il contrasto tra la carne e il metallo, la vita e la morte. Ha lo stesso spirito di sopravvivenza che accomuna molti personaggi del film.
Ben Whishaw è Q, il geniale scienziato che si occupa dell'equipaggiamento tecnologico di Bond, non è più il semplice tecnico che fornisce gadget futuristici. Tra Q e Bond c'è empatia. Q è il giovane collega geniale che, pur mantenendo il suo spirito sarcastico e leggero, è preoccupato per la sicurezza di Bond.
I dialoghi del film sono belli e significativi, perfettamente inseriti nei vari contesti emotivi. La scrittura è brillante e a tratti sfiora il lirismo, l'introspezione e la tragedia.
La musica di Hans Zimmer crea una bellissima colonna sonora sinfonica.
Vi è un riferimento al film precedente On Her Majesty’s Secret Service del 1969 (Al servizio segreto di Sua Maestà), il cui tema principale era la canzone We Have All the Time in the World di Louis Armstrong. L'utilizzo di questa canzone e di questa frase, pronunciata due volte da 007 nel film, è un motif intelligente che sfrutta efficacemente la nostalgia per i Bond del passato, mentre lascia intravedere ciò che sta per accadere.
La canzone di Billie Eilish No Time to Die è utilizzata come tema principale del film. Il brano, scritto dalla stessa Billie Eilish insieme al fratello Finneas, è stato pubblicato come singolo nel 2020. Il suo tono cupo, misterioso e malinconico è perfettamente in sintonia con il tono del film. La ballata è ricca di una qualità emozionale che si sposa bene con la conclusione della saga di James Bond. Con il suo stile minimalista e l'approccio vocalmente sussurrato, la canzone di Billie Eilish si distacca dalle tipiche melodie da theme song che avevano caratterizzato le aperture dei precedenti film di Bond e riesce a incapsulare in modo portentoso il tema riflessivo della fine che permea la trama del film. Accolta con grande successo dalla critica, è la prima canzone di Billie Eilish a vincere un Golden Globe e un Grammy Award per la Best Song Written for Visual Media.
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