Luis Buñuel (1900-1983), uno dei più importanti cineasti di tutti i tempi, scrisse e diresse nel 1953 El (lui), un capolavoro che la Fondazione Cineteca di Bologna - laboratorio L'Immagine Ritrovata ha restaurato nel 2022.
L'Immagine Ritrovata è un laboratorio di restauro del patrimonio cinematografico mondiale di ogni epoca, un centro tecnologicamente all'avanguardia nelle metodologie sviluppate, sorretto da una costante opera di ricerca.
Buñuel era nemico della dittatura franchista, del potere connivente e repressivo della Chiesa Cattolica, della cultura patriarcale e della stratificazione delle classi sociali che schiaccia le vittime: anche in questo film non manca di sottolineare le responsabilità, gli inganni, l'ipocrisia di tale sistema.
El, girato e ambientato in Messico, presentato al Festival de Cannes nel 1953, è un film molto bello e straordinariamente attuale. Penso che dovrebbe essere proposto in prima serata sulle principali reti televisive: sarebbe di grande giovamento per ampie fasce di pubblico.
Con una capacità predittiva prodigiosa, avanti di decenni rispetto a quando finalmente si è cominciato, almeno in una parte del mondo, a reagire ai femminicidi e si è diffusa una maggiore sensibilità agli abusi di potere subíti dalle donne, il regista spagnolo racconta la storia di una mascolinità tossica: un marito perseguita la moglie per gelosia patologica fino a minacciarla più volte di morte, in una deriva sempre più allarmante.
Il racconto è tratto dal romanzo di Mercedes Pinto, (1883-1976), scrittrice e drammaturga tenerifeña, femminista che già nel 1924, in un Paese con un clero cattolico profondamente reazionario, teneva a Madrid una conferenza dal titolo "El divorcio como medida higiénica" (Il divorzio come misura igienica); durante la sua lunga e attiva vita si spese in favore delle donne, della classe lavoratrice, dei perseguitati dai regimi, per lo sviluppo democratico dell'istruzione e contro le persecuzioni antisemite.
La scrittrice da giovane ebbe un marito che finì in ospedale psichiatrico, chiaramente un riferimento semi-autobiografico nel suo romanzo El.
Con il ritmo incalzante di un thriller, il film raffigura lucidamente il male profondissimo che un uomo agisce sulla donna che lui sceglie di vittimizzare e di ridurre in suo totale possesso, mascherando -confortato dalla società circostante- tale ignobile operazione con l'amore.
Vi è narrata, in maniera clinicamente molto accurata, la tipica escalation verso l'annientamento dell'Altro che è presente in queste storie patologiche.
Siamo in Messico nell'alta borghesia, classe che è sempre bersaglio radicalmente critico dell'autore.
La seduzione agisce per forza di uno sguardo maschile, quello del protagonista, capace di un'attrazione magnetica che si esercita su una donna dolce, rassegnata al proprio ruolo di assecondamento, di cui lui abuserà all'inverosimile.
Gloria Vilalta lascia l'onesto e serio fidanzato ingegnere Raúl Conde (Luis Beristáin), sedotta da questo sguardo maschile, quasi ipnotico, (Buñuel nella vita reale praticava l'ipnotismo e le scene degli sguardi tra i due protagonisti quando si conoscono sono magistrali). Gloria dunque sceglie di sposare don Francisco Galván de Montemayor, che si presenta come un fine e solido gentiluomo, le cui azioni sono per definizione inattaccabili, mentre è un uomo rigido, velleitario, arrogante: si getterà, ignara, in una vita di tormento per le esplosioni di gelosia via via sempre più violente e ingiustificate del marito, sempre più annichilenti.
La complicità della Chiesa e della famiglia verso gli abusi e le distorsioni dei concetti di onore, rispetto e giustizia sono pesantemente evidenti: il prete e la mamma della giovane donna, entrambi sordi alle richieste di aiuto di Gloria, sono alleati nel raccomandare alla figlia di accettare qualsiasi comportamento dal marito, in virtù della salvaguardia del decoro e della indiscussa supremazia del maschio di famiglia e della mancanza di credibilità di una donna.
Episodio rivelatore di questa distorsione del concetto di onore, rispetto e giustizia è quello di una cameriera di casa molestata sessualmente dal maggiordomo di Don Francisco e per questo ingiustamente licenziata, mentre il maggiordomo è impunito.
Molto bella e ricca di significato la scena iniziale, ambientata in chiesa il giovedì santo, quando il prete procede alla rituale abluzione dei piedi dei giovanissimi, parte della liturgia. Uno dei ragazzi trattiene un eloquente moto di fastidio quando il prete indugia nel bacio del suo piede. Intanto, il protagonista, durante la funzione religiosa, rimane sedotto dai piedi della giovane donna: il feticismo per i piedi, elemento ricorrente nell'estetica di Buñuel, è il punto di partenza dell'ossessione di quest'uomo e della sua discesa nella follia. Chiaramente, Buñuel ancora una volta dimostra lo stretto collegamento tra la deriva morbosa del protagonista e la morbosità opprimente della Chiesa.
Questo film è anche un esatto "manuale di psicanalisi": il grande psichiatra Jacques Lacan lo usava nei suoi seminari sulla paranoia.
Vertigo di Alfred Hitchcock (1958), con James Stewart e Kim Novak, e altri film di Hitchcock ci pare debbano molto a questo film: l'esplorazione di un'ossessione patologica maschile, i colpi di scena, il senso del pericolo incombente.
Un film importante.
Arturo de Córdova interpreta il marito Francisco Galván de Montemayor,
Delica Garcés interpreta la moglie vittima Gloria Vilalta
La chiesa in Buñuel è il luogo dove l'ossessione malata prende vita
la scrittrice Mercedes Pinto, dal cui romanzo El il film è tratto
il regista Luis Buñuel
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