Il regista ha presentato con clamore e notevole successo al recente festival di Cannes, fuori concorso, un breve (30’) film Western bello, ben fatto, una storia gay con due rilevanti e bravissimi attori protagonisti: Ethan Hawke, uno dei più interessanti volti del cinema contemporaneo, assume il ruolo dell’affascinante sceriffo Jake; Pedro Pascal è il massiccio messicano Silva, amante appassionato e al tempo stesso antagonista- (già visto in Narcos -su Netflix- dove interpreta il detective Peña e nella serie Games of Thrones, quarta stagione, dove interpreta il vendicativo Prince of Dorne).
Il film è girato in Spagna nel deserto di Tabernas, nella provincia di Almería, regione nota ai cinefili perché teatro di posa di innumerevoli film leggendari dell’epopea Western, dove è ricostruita una cittadina del Far West dall’evocativo nome di Bitter Creek.
Il film parla del potere (sessuale) e della violenza che insta nell’amore: la cura devota dell’amato può condurre a una fatata ineluttabile meravigliosa prigione, dove scalpitano i cavalli, lungamente inquadrati nei titoli di coda. Scalpitano come emozioni che infine trovano una libertà di espressione, per quanto rinchiuse nel recinto del ranch…
Tema molto bello.
Svolgimento molto classico, efficace. Bellissimi anche i personaggi complementari: inizio citando Manu Rios che interpreta il giovanissimo cantante nell’ammaliante scena di esordio che prelude alla sensuale inquietudine del racconto. Manu Rios è uno spagnolo estremamente bello e con molti talenti: suona, balla, canta, fa sfilate di alta moda, è seguito da milioni di fan. Qui ha un piccolo ruolo incantatore: è un giovane vagamente strambo che suona e canta solitario una ballata con voce angelica.
La ballata è un fado di Amália Rodriguez, Estranha forma de vida (Strange way of life), sul tema di un amore perduto. Dalla canzone della grande artista portoghese viene il titolo del film. La voce che sentiamo non è comunque quella di Manu Rìos, nonostante lui abbia una voce molto bella e canti bene, bensì è la splendida voce di Caetano Veloso, che già cantò per Almodóvar Cucurrucucu Paloma in Habla Con Ella (2002).
Ci sono quindi altri validi (e invariabilmente bellissimi) attori non protagonisti: José Condessa, nel ruolo del giovane Silva, e Jason Fernández, quale giovane Jake, nella romantica avvincente colorata scena “vinicola” in flash-back, dove vediamo le uniche tre figure femminili del film, soltanto vivaci e spensierate comparse, cui va aggiunta un’altra donna solo menzionata e non raffigurata, personaggio negativo.
Il rosso del vino è identico al rosso del sangue delle ferite e viene purificato dal bianco dei graziosi ottocenteschi mutandoni, all’occorrenza trasformati in salvifiche garze.
(Il film potrebbe essere l’occasione per far tornare di moda questa bellissima biancheria ottocentesca! … piuttosto che gli orrendi slip e boxer in uso all’uomo d’oggi.)
Strange Way of Life è prodotto dalla casa di moda Yves Saint Laurent; lo stilista Anthony Vaccarello ha disegnato tutti gli abiti di scena. É il primo film che la casa di mode produce, va detto conferendo un notevole tocco di classe aggiuntivo dal punto di vista estetico.
Appropriate e interessanti le musiche del compositore per il cinema Alberto Iglesias.
Non sento il bisogno che questo film breve evolva in un lungometraggio. La misura è perfetta e coerente alla narrazione.
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Per intrattenere lo spettatore per almeno un’ora o più in sala, l’ultimo breve film di Almodóvar è stato in Francia utilmente abbinato a un corto che il regista realizzò nell’anno della pandemia e che non fu distribuito; non so se anche in Italia i due cortometraggi siano abbinati. Nel caso, si potrà vedere finalmente un film che era stato soltanto presentato al festival di Venezia nel 2020.
La grandissima Tilda Swinton è la protagonista assoluta di questo corto, liberamente ispirato alla pièce del drammaturgo francese Jean Cocteau La Voix Humaine (1930).
Una versione aggiornata, resa contemporanea, della famosa storia di abbandono e conseguente depressione suicidaria: variazioni sul tema del desiderio, del dolore, dell’angoscia per la separazione in una donna.
Un uomo, che non compare mai nel film, ha lasciato la sua amante degli ultimi cinque anni.
La eccellente attrice interpreta l’ultima conversazione telefonica con il suo amato abbandonico. Il film è la storia di quella telefonata, di cui noi sentiamo soltanto la voce della donna che ci lascia intuire la voce dell’assente.
Almodóvar ha sempre amato Cocteau e ha già usato un estratto da questa pièce nella sua bellissima commedia Mujeres al borde de un ataque de nervios (1988).
La donna nella versione di Almodòvar è una donna di oggi: questa volta non soccombe al vuoto esistenziale; all’occorrenza si vendica, e comunque si lascia alle spalle il dramma e si incammina verso la sua vita nuova. Evviva!
Fantastico il bellissimo personaggio aggiuntivo: il cane Dash, pure lui abbandonato dal padrone, che prova lo stesso sgomento e diventa degno compagno della traumatica avventura.
Le luci sono di José Luis Alcaine, amato maestro del cinema spagnolo, fedele a Almodóvar, cui illumina tutti i forti colori preferiti dal regista, grande nostalgico del technicolor.
Tra tutti i vibranti colori, campeggia il magnifico rosso del sublime abito Balenciaga che Tilda Swinton indossa nella prima scena, pura perfezione estetica, elegantissimo e quasi “papale”.
Pedro Pascal e Ethan Hawke
Tilda Swinton in Balenciaga con Almodóvar
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