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Writer's picturePlanet Claire

Avatar: the Way of Water di James Cameron (2022)

Sono passati tredici anni dal primo capitolo della straordinaria saga ideata da James Cameron e torniamo a viaggiare nel magnifico mondo di Pandora, una luna al di fuori del sistema solare, abitabile come la Terra, popolata da giganteschi, snelli e agilissimi individui con una forte connessione alla loro Madre Terra che chiamano Eywa, con la quale sono in profonda, rispettosa, bellissima sintonia.

Dotati di senso dell'onore, saranno nuovamente costretti a combattere per difendersi dall'aggressione del popolo giunto dal Cielo, gli invasori umani sotto forma di aggressivi marines statunitensi, spietati e disposti a qualunque massacro efferato per ottenere i loro scopi colonialisti.


Il regista esprime -anche in questo secondo volume della sua storia- grandissimo talento e geniale senso estetico e artistico.


Cameron si rivolge a un pubblico adolescenziale e ce ne rendiamo conto nei dialoghi, piuttosto semplici e rapidi (andate pure a vederlo in lingua originale, per evitare il doppiaggio, la lettura dei sottotitoli non rappresenterà un impegno eccessivo) e nelle scene che sono una riedizione delle dinamiche di una qualsiasi famiglia con pargoli di varie età (ben inteso: una famiglia unita e non disfunzionale): il papà severo che non ascolta e non comprende le ragioni del figlio, ma lo rimprovera per il suo bene; la mamma che interviene amorevolmente a mediare; il papà e la mamma che danno tutto quello che possono per salvaguardare i figli, e poi quando non ce la fanno più, interverranno il ragazzo che salva il papà e la ragazza che salva la mamma, etc.. Il film inserisce ovviamente anche le dinamiche tra i gruppi di amici teen, quali la scoperta e l'innamoramento tra i sessi, le rivalità tra giovani maschi, le sfide cattive, il bullismo, la solidarietà fraterna.

Diciamo che questo remotissimo e affascinante popolo alieno blu dei Na'vi non è poi tanto dissimile, sotto questi aspetti, da una famigliola standard: noi adulti sorridiamo e qui ha contato il bisogno di identificarsi e riconoscersi del pubblico adolescente, il primo fruitore della saga.

Nonostante questa semplicità alla base, il film è molto bello, magico, immersivo, profondamente emozionante e commovente.


In compenso, il film insegna tante belle cose: la meditazione, il respirare in maniera consapevole, il rispetto e la comunicazione empatica con gli animali selvatici, il valore dell'unione di un gruppo (la famiglia e il villaggio) per supportarsi a vicenda, l'accoglienza dello straniero profugo che sta fuggendo, il rispetto ecologico per il pianeta, l'ascolto della Natura da amare in tutta la sua dialogante meraviglia, il pacifismo e l'insensatezza e l'inutilità dell'uccidere.


Si tratta di un film di guerra, le scene di combattimento hanno la predominanza.

I colpi di scena sono molto efficaci. La tensione è alta.

Molto impressionante la scena della caccia alle balene (balene aliene chiamate tuluk nella lingua dei Na'vi), Cameron (vegan da dieci anni) spende tutta la sua notevole sensibilità e bravura di cineasta per raffigurare la insensatezza della tremenda caccia a questi splendidi immensi animali senzienti, uccisi dall'uomo per motivi di avidità.

C'è anche una scena che echeggia la vicenda biblica ebraica di Jona nel ventre della balena, (ripresa anche da Collodi per il suo Pinocchio).

E il ragazzino umano selvaggio adottato dal popolo Na'vi (l'attore diciottenne Jack Champion) è una sorta di riedizione di Mowgli di Rudyard Kipling.

Difficile riconoscere Kate Winslet, attrice cara al regista, dipinta di blu nel ruolo di Ronal, la sposa del capo del popolo della barriera corallina.

Sigourney Weaver ritorna in brevi flash-back.


La passione di James Cameron per le drammatiche scene di gigantesche imbarcazioni che affondano (vedi il suo memorabileTitanic, 1997) qui si ripresenta prepotentemente!


Eccellenti le musiche, magici gli effetti speciali visivi e l'esperienza 3D conferma le necessità di vedere questo film in sala sul grande schermo.

Ma pensiamo che la bellezza degli scenari e della fotografia si esprimerebbe benissimo anche senza l'effetto della tridimensionalità.


Questo grandioso film curatissimo in ogni dettaglio è stato costruito con dieci anni di ricerche e di dedizione assoluta al progetto.

Chiaramente prepara almeno un paio di sequel...


Assolutamente da vedere.






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