43° TFF - Urchin di Harris Dickinson
- Planet Claire
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recensione di Clara Bruno – 29 Novembre 2025
tempo di lettura: 2 minuti
film visto al 43° TFF – Cinema Massimo Uno il 28 novembre 2025
durata 1h 40' prodotto in UK/USA
scritto e diretto dal giovane attore londinese Harris Dickinson, qui al suo debutto come regista e sceneggiatore
presentato al 78° Festival di Cannes e al 43° TFF, sezione Fuori Concorso
È la storia di un giovane senza tetto tossicodipendente.
Urchin in inglese significa riccio di mare, ma è anche un termine gergale un po' desueto per definire un monello, un bambino vestito di stracci, un ragazzino sbandato. L'autore di questa storia è Harris Dickinson, lottimo attore britannico che abbiamo visto in Triangle of Sadness di Ruben Östlund (2022) nel ruolo di Carl, l'affascinante modello che finirà per scendere a umilianti compromessi nella commedia satirica del regista svedese. Con Urchin Dickinson firma il suo primo film dietro la macchina da presa: un’opera forte, originale, con inserti surreali-allucinati e la eccellente interpretazione di Frank Dillane nel ruolo protagonista. Per Harris Dickinson il debutto come sceneggiatore e regista è davvero notevole. Il film è intelligente e compassionevole, divertente e sobriamente critico nei confronti di una società sostanzialmente perbenista.
Mike è un giovane che ha passato anni, dall'adolescenza, vivendo per le strade di Londra: chiede l’elemosina, ruba, mangia alle distribuzioni di pasti per beneficenza. È nervoso, aggressivo, sbilanciato, inaffidabile, pieno di risentimento e sfacciataggine, in permanente tensione e dolorosamente vulnerabile: il risultato di una vita intera di abbandono, in fuga dentro le sostanze stupefacenti.
Un altro giovane tossico, Nathan (interpretato in un cameo da Dickinson), ruba i soldi di Mike. Come reazione, Mike commette un atto spregevole di furto e violenza ai danni di un malcapitato benefattore, verso il quale non mostrerà il minimo pentimento. Finisce in carcere, torna sobrio mentre sconta la pena e, una volta libero, ottiene dal governo inglese una chance di riabilitazione: finalmente un letto e un tetto!, un posto in un ostello, un lavoro nelle cucine di un hôtel. Tenta di rimettere in sesto la sua vita, con l'aiuto di manuali di self-help, ma il suo rapporto con la realtà resta illusorio.
L'assistente sociale organizza una sessione di giustizia riparativa con la vittima, un incontro che dovrebbe essere terapeutico e catartico, ma che Mike non sa assolutamente come affrontare: il giovane non comprende minimamente il nuovo registro di intelligenza emotiva che ora ci si aspetta da lui. Ma gli è quanto meno chiaro di aver fallito la prova, di aver fallito nell’essere una brava persona. Il suo lavoro nelle cucine dell’hotel va a rotoli e il suo nuovo impiego come addetto alla raccolta dei rifiuti è incerto. Incontra una collega carina, sexy e affettuosa (molto brava Megan Northam nel ruolo della girlfriend Andrea), ma riesce a mandare a rotoli anche questa relazione potenzialmente supportante. Un "amico" gli offre ketamina e da lì le cose precipitano inevitabilmente. La dipendenza ricomincia. Il film, scevro di moralismo, è molto bello e non offre facili risposte. Un film davvero molto ben fatto, che raccomando di vedere.






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