43° TFF - The Garden of the Earthly Delights di Morgan Knibbe (Olanda/Filippine, 2025)
- Planet Claire
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durata 123' vincitore del premio per il Miglior Lungometraggio del 43° TFF
recensione di Clara Bruno del 29 novembre 2025
cinque minuti di lettura
film visto al TFF - Cinema Romano 2
il 29 novembre 2025
Il film, presentato al 43° Torino Film Festival e premiato come Miglior Lungometraggio, racconta una storia contemporanea ambientata nelle baraccopoli di Manila, Filippine, dove due giovanissimi orfani lottano per sopravvivere al degrado sociale. Prostituzione minorile, droga e disperazione sono la quotidianità delle loro vite. I due fratelli cercano di mettere da parte il denaro necessario per fuggire dalla corruzione e dalla miseria del loro mondo e raggiungere la Danimarca, un sogno che sembra costantemente infrangersi.
Il titolo del film The Garden of Earthly Delights (Il giardino delle delizie terrene) richiama il dipinto attribuito a Hieronymus Bosch, pittore olandese del tardo XV secolo nella tradizione della Northern Renaissance. L’opera, un grande trittico di quattro metri di larghezza, (che ho visto esposta al Museo di Palazzo Reale di Milano nel 2023) è un'allegoria morale. Da sinistra, la scena del Paradiso con Dio, Adamo, Eva. Al centro, un mondo fantastico e irreale, popolato da figure nude, umane e animali, frutti enormi, creature strane, scene sensuali. Questo è il “giardino delle delizie terrene”, ossia la terra delle tentazioni, dei piaceri, della vita carnale. Nel pannello a destra, una rappresentazione dell’Inferno, con punizioni, mostri, sofferenza: la conseguenza del peccato e dei vizi umani.
Filmare vite vulnerabili senza piegarle alla retorica dello spettacolo
Il giovane regista olandese racconta la genesi di questo suo primo lungometraggio di finzione, The Garden of Earthly Delights, un’opera che definisce un’esperienza emotivamente sconvolgente e, al tempo stesso, un esperimento formale. In Knibbe emerge un’etica dello sguardo, che parte da una riflessione interiore su cosa significhi rappresentare vite vulnerabili senza piegarle alla retorica dello spettacolo. Le radici del progetto affondano in un nodo biografico e storico. Knibbe porta con sé una memoria familiare legata all’Indonesia coloniale, che gli ha dato una sensibilità verso le ferite non rimarginate del colonialismo in Asia. Questa consapevolezza si è intrecciata a un’esperienza diretta: lavorando come direttore della fotografia per un documentario sui ragazzi di strada a Manila, il regista aveva incontrato adolescenti segnati da povertà, abuso, dipendenze, ma anche da un’inattesa capacità di resistere. Da quel vissuto nasce la figura di Ginto, il giovanissimo protagonista del film. Raccontare chi vive ai margini è muoversi su un terreno rischioso: l'autore teme una rappresentazione deformante, o -peggio ancora- una forma di esotizzazione, che abbiamo visto in troppi film, quando lo sguardo di un occidentale entra in un mondo così lontano dal proprio. Per evitare queste derive sottoculturali, la preparazione di questo film è diventata un lungo processo antropologico: consultazioni con le comunità locali, coinvolgimento di attori e tecnici del posto, un paziente lavoro di costruzione di fiducia reciproca. Non si tratta di "realismo" tout court, ma della responsabilità di chi racconta. La materia narrativa si addensa attorno a una rete di violenze strutturali. Knibbe mostra miseria e sfruttamento non come fenomeni isolati; individua nel reticolo coloniale, nel capitalismo globale, nel turismo sessuale e nella disuguaglianza economica un sistema di poteri interconnessi. Il film invita a osservare come queste forze plasmino silenziosamente destini individuali e collettivi. In questo senso anche il personaggio del turista occidentale abusante rifugge la personificazione del 'mostro': Knibbe preferisce ritrarlo come un individuo lacerato, un ingranaggio umano di una macchina più grande, affinché la responsabilità non venga ridotta alla comoda condanna del singolo.
Sul piano visivo, The Garden of Earthly Delights si muove su una linea di confine tra realismo e lirismo. Le strade di Manila, le baraccopoli, i quartieri dimenticati diventano teatro di un’immersione cruda, ma il film ci offre anche una dimensione poetica: sogni, visioni, simboli precoloniali, vibrazioni musicali locali. La bellezza qui non consola, ma inquieta. Knibbe mostra che l’estetica non è una pátina, bensì un modo per portare alla luce la dignità, la spiritualità e la resilienza che sopravvivono anche nella brutalità quotidiana.
La scelta degli interpreti
Il regista affida i ruoli principali a ragazzi che hanno esperito in prima persona il mondo che il film racconta. Adotta un’attenta cura nel girare le scene, con la presenza costante di figure di supporto e un’attenzione rigorosa alla sicurezza emotiva dei giovanissimi attori non professionisti. La finzione, in questo caso, non è un artificio ma un patto: uno spazio protetto in cui la verità può emergere senza ferire.
I protagonisti, alcuni dei quali erano presenti al festival torinese, sono:
JP Rodriguez (nato nel 2008) nel ruolo dell'undicenne Ginto
Francesca Dela Cruz nel ruolo della sorella Asia
Bunny Cadag, attore transfemminile filippino, nel ruolo di Beyoncé
John Michael Toling nel ruolo di Jojo, l'amico di Ginto
Benjamin Moen nel ruolo del turista olandese
Le musiche, belle e molto adeguate, sono dei compositori Jose Antonio Buencamino e Mo'ong Pribadi.
La fotografia è dell'apprezzato cinematographer olandese Frank van den Eeden.
La transizione autoriale di Knibbe dal documentario alla fiction non rappresenta una rottura, bensì una continuità: con questo primo lungometraggio, Knibbe trova nella finzione lo strumento più adatto per esplorare la realtà post-coloniale nelle Filippine, liberandosi dei vincoli dell’osservazione e aprendo una strada alla costruzione simbolica. Il cinema, nella sua visione, non è soltanto immagine, ma relazione, un incontro tra chi filma, chi è filmato e chi guarda. Al centro della sua riflessione rimane il ruolo dell’arte: per Knibbe il cinema è una forma di responsabilità, un mezzo per dare voce a chi è ignorato, per scuotere lo spettatore e spingerlo a interrogarsi sul proprio posto all’interno delle strutture globali di potere. The Garden of Earthly Delights non mette in campo risposte facili nel dare voce a chi non ne ha. Morgan Knibbe è un giovane autore che, pur consapevole dei limiti della rappresentazione, sceglie di attraversarli e di rivendicare il diritto e il dovere di guardare.
Prima che al TFF, il film è stato presentato in Olanda nel marzo 2025 al Film Festival “Movies that Matter” e in questo novembre nelle Filippine al QCinema Int’l Film Festival.
Filmografia di Morgan Knibbe
A Twist in the Fabric of Space (2012), cortometraggio sperimentale
Shipwreck (2014), cortometraggio premiato al Festival di Locarno
Those Who Feel the Fire Burning (2014), documentario lungometraggio.
The Atomic Soldiers (2018), cortometraggio documentario, racconta le testimonianze dei pochi sopravvissuti ai test nucleari americani degli Anni Cinquanta nel Pacifico
What Does a Nuclear Explosion Feel Like? (2018), video/documentario divenuto virale con milioni di visualizzazione
Human Playground (2022), serie documentaria sullo sport nel mondo, Knibbe dirige alcuni episodi.
The Garden of Earthly Delights (2025), lungometraggio di finzione.








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