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42 TFF - Day 4 - lunedì 25 novembre 2024

Writer's picture: Planet ClairePlanet Claire

SHAMBHALA di Min Bahadur Ham (Nepal e altri Paesi, 2024)

durata 150’

presentato alla Berlinale

Anche per raccontarvi questo film parto dal titolo. Shambhala è, nella tradizione buddhista tibetana, un concetto spirituale e mitologico: è una terra sacra, nascosta e utopica, dove regnano pace, saggezza e illuminazione; è simbolo di aspirazione spirituale e  metafora del conseguimento della pace interiore.

Il film è un’esperienza meditativa, all'interno di una narrazione femminista, che racconta i pregiudizi della società in una comunità legata a rigorose antichissime tradizioni.

Buon risultato, il film non è un film "turistico" né etnografico.

Il film ci porta sull’Himalaya, in un villaggio a 6.000 metri di altitudine senza connessioni con il mondo moderno, per seguire una giovane sposa, Pema (Thinely Lhamo), il cui marito, Tashi (Tenzin Dalha), la lascia per diversi mesi per intraprendere un viaggio di affari a Lahsa e Kathmandu, per poi scomparire. Tashi è in realtà uno dei tre mariti di un matrimonio poliandrico, dove la sposa è coniugata per legge secolare anche ai fratelli dello sposo: Kama (Sonam Topden) e Dawa (Karma Wangyal Gurung). La giovane si avvicina al maestro di scuola, Ram Sir (Karma Shakya). Quando la donna rimane incinta, nel villaggio si diffonde la voce che Ram Sir sia il padre, creando scandalo. La donna decide di partire per andare a cercare il marito e uno dei fratelli del marito, Kama, l'accompagna in un lungo e tortuoso cammino attraverso le montagne innevate. 

Suggestive le riprese di Pema che cammina mentre l'Himalaya si estende in lontananza.

Il direttore della fotografia Aziz Zhambakiyiv documenta la vicenda con riprese prolungate e composizioni widescreen

La narrazione richiede molto tempo per essere dipanata, non è esplicita e pochissimo viene espresso verbalmente.

Il film è una denuncia della cultura patriarcale nepalese, in cui donne come Pema sono obbligate a difendere la propria virtù dalle accuse dei mariti. A un certo punto del loro viaggio, Pema e Kama passano vicino a un villaggio dove un'altra donna accusata di adulterio è costretta, come in una ordalia medioevale, a scoccare una freccia contro un bersaglio per dimostrare la propria innocenza. Si tratta di un'impresa impossibile e in seguito apprendiamo che la donna si è suicidata.

Il regista mostra questi rituali arcaici e le cerimonie buddiste tibetane a cui partecipano Kama e gli altri monaci. Shambala narra un percorso spirituale che si colloca al di fuori delle rigide linee guida sociali della comunità. 

Alla fine del film, che allo spettatore occidentale resta da decifrare, Pema raggiunge un livello più profondo dell’essere, la sua illuminazione.




Tutta la crew al Film Festival di Berlino


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