42 TFF - Day 4 - lunedì 25 novembre 2024
MY BEST, YOUR LEAST di Kim Hyun-Jung (Corea del Sud, 2024)
durata 111’
Concorso Lungometraggi
Ho chiesto alla regista coreana Kim Hyun-Jung di decodificare il titolo di questo suo primo lungometraggio.
Il titolo originale coreano si rifa a un tipico concetto asiatico, che il titolo inglese per la distribuzione internazionale travisa, quasi capovolgendone il senso. È il problema del “lost in translation”, che purtroppo avviene anche nel passaggio linguistico da culture molto più vicine alla nostra.
La società coreana è fortemente collettivista, il che significa che ciascuno tende a mettere il bene del gruppo prima dei propri bisogni individuali, allo scopo di mantenere l'equilibrio sociale. Il sacrificio personale, il rispetto reciproco e l'impegno per il bene comune sono la prima richiesta per ogni coreano. "My best" (che tradurrei con “il meglio che posso”) esprime il mettere tutto l'impegno possibile in ciò che ognuno fa, mostrando dedizione e responsabilità verso il proprio ruolo o compito. “Your least" (che tradurrei con “il minimo carico su di te”) riflette il valore culturale del non gravare sugli altri, implica il desiderio di minimizzare l'onere per il prossimo, anche a costo di sacrificare se stessi.
In questa storia una studentessa adolescente rimane incinta e la scuola la allontana.
L’insegnante di liceo Hee-yeon sta affrontando sfide personali delicate, tra le quali l’infertilità. Quando la sua studentessa Yu-mi rimane incinta, Hee-yeon le consiglia di abbandonare la scuola, convinta che sia la soluzione migliore per la collettività. Tutto cambia, però, quando l’insegnante scopre di essere finalmente incinta a sua volta. L’evento le permette di aprirsi con la ragazza adolescente: l’insegnante elaborerà nel corso del film un nuovo modo di accogliere la giovane, dando vita a una complicità affettuosa inaspettata tra le due donne.
Il tema non è il perbenismo, come potremmo pensare noi occidentali, ma la tutela dell’equilibrio interno a una comunità. Ma il "minimo peso" sugli altri può avere ripercussioni molto pesanti sul singolo individuo.
Un film dalla tematica importante, non pienamente trasmessa agli spettatori attraverso le immagini. La sceneggiatura originale, scritta dalla stessa regista, è una riflessione sulla pressione sociale esercitata dalla scuola. La regista dice che il suo film parla essenzialmente della energia che è disposta a mettere una società nel prendersi cura della maternità. Parla della scuola come educazione alla vita e non soltanto come educazione accademica. Parla inoltre del mancato rispetto del diritto degli insegnanti di svolgere il loro ruolo secondo i propri principi. La regista sottolinea la capacità delle donne di superare le esperienze di conflitto e la parola chiave per farlo è l’affetto. Quarantenne senza figli, la cineasta racconta inoltre che l’attrice protagonista, che è madre nella vita reale, le ha insegnato come filmare le emozioni del partorire.
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