Vediamo il biopic su Billie Holiday (1915-1959) dell'ottimo regista britannico James Erskine, prolifico autore di film importanti.
La storia è basata su un lavoro di ricerca durato dieci anni e accuratamente documentato della giovane giornalista Linda Lipnack Kuhel, (purtroppo scomparsa nel 1978 a Washington in circostanze mai chiarite, probabilmente delittuose).
Miss Billie Holiday, (il nome d'arte di Miss Eleonora Fagan), era la più sensuale delle cantanti, autrici e musiciste, senza il minimo sforzo per esserlo. Bellezza, infelicità e verità: questo cantava. Raccontava soltanto se stessa, questa fu la sua innovazione.
Oltre alla storia 'definitiva' di questa artista di magnifico talento, vi è una riflessione su come spesso le grandi cantanti, quando arrivano al grande successo, si autodistruggono. (A me fa pensare alla contemporanea Amy Winehouse e quarant'anni prima alla grandissima Janis Joplin. La storia si ripete. Vittime anche della misoginia del sistema.)
Quando la voce meravigliosa, mai sdolcinata, di Billie, fu scoperta, erano i tempi del glorioso Apollo Theater di Harlem, il Proibizionismo vietava gli alcolici, ma in quegli anni fumare erba non era contro la legge.
Il film documentario galoppa insieme alla vita di Billie, il suo amore carnale per le donne, e per gli uomini, le violenze subite, la creatività, l'irregolarità, la passione istintiva, gli eccessi.
Fin dall'inizio, Billie voleva che la sua voce assomigliasse alla tromba di Louis Armstrong.
Fu il sassofonista Lester Young a soprannominarla Lady Day. Quando andava in tour con lui e Count Basie negli Stati del Sud, gli impresari le chiedevano di scurirsi il viso con il make-up, perché la sua carnagione era "troppo chiara" per stare in una negro band.
Nel 1939 registrò Strange Fruit, uno dei primi album di dolente protesta per le impiccagioni di African-American agli alberi negli Stati del Sud: "Blood on the leaves/ And blood on the roots/ Black bodies swinging/ In the Southern breeze/ Strange fruit hanging/ From the poplar trees", la 23enne Billie cantava quasi piangendo, con la voce spezzata. I giornali titolarono "Negro singer records song about lynching".
Lo sguardo compassionevole e interrogativo del film abbraccia il drammatico declino e la tragica morte prematura dell'artista.
La colonna sonora del film è perfetta, la scelta dei brani e le interpretazioni delle canzoni sono il massimo in assoluto.
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